La notizia è di quelle destinate a suscitare una motivata indignazione. Tra gli innumerevoli farneticanti gruppi di Facebook, ne è stato scoperto uno intitolato «Giochiamo al tiro al bersaglio con i bambini Down: è l’unica fine che meritano questi parassiti». Sul sito appare la foto di un neonato affetto da quella sindrome con la parola «scemo» scritta sulla fronte. Demenziale la motivazione dell’iniziativa: «È così difficile da accettare questa malattia (…) perché dovremmo convivere con queste ignobili creature (…) con questi stupidi esseri buoni a nulla? I bambini Down sono solo un peso per la nostra società. Dunque cosa fare per risolvere il problema? Come liberarci di queste creature in maniera civile?» Alla domanda si risponde con la delirante proposta di «usare questi esseri come bersagli, mobili o fissi, nei poligoni di tiro al bersaglio; soluzione facile e divertente per liberarci di queste immonde creature». C’è anche un assaggio della Gnadentod (morte per grazia) hitleriana: «Per non farli soffrire oltre questa è l’unica fine che meritano questi parassiti». Inevitabili le reazioni del mondo civile.
La prima ad indignarsi è stata il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, che ha parlato di «atto indegno di persone civili, inaccettabile e pericoloso» ed ha assicurato che i responsabili saranno consegnati quanto prima alla giustizia. In effetti, si sta già procedendo all’identificazione dei soggetti interessati i quali verranno incriminati per il reato di istigazione a delinquere.
Numerosi i personaggi della cultura, dello spettacolo, della politica che hanno fatto sentire la propria voce sulla vicenda, voce che ha raggiunto, però, i limiti del paradosso quando si è levata da noti abortisti e fautori della diagnosi prenatale finalizzata all’identificazione e conseguente eliminazione dei nascituri Down.
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È difficile restare in silenzio di fronte ad una simile sagra dell’ipocrisia. Un essere umano affetto dalla sindrome di Down si può uccidere ma non si può offendere.
Del resto, questa che Goethe avrebbe definito una volkommer Widerspruch, ovvero una perfetta contraddizione, resta un tratto tipico dell’ideologia schizofrenica del politically correct. E noi, poveri cattolici affezionati alla logica aristotelica, facciamo davvero fatica a comprendere questa Widerspruch. Non è un caso, peraltro, che sia stato proprio Mefistofele nel Faust, il capolavoro del grande scrittore tedesco, a sostenere che «una perfetta contraddizione resta misteriosa ai savi come ai pazzi». Ma non è per nulla misteriosa al diavolo goethiano, per il quale essa costituisce lo strumento di un’arte «antica e nuova», usata in tutti i tempi: «diffondere, invece del vero, l’errore».
In Italia da più di trent’anni, attraverso la Legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza, si eliminano impunemente i nascituri Down. Anzi, proprio questa patologia del feto rappresenta una delle più diffuse minacce alla cosiddetta «salute psichica della donna», a tutela della quale, secondo quanto prevede l’art. 4 della Legge 194, è consentito l’aborto.
Per non parlare di tutti quei magistrati “creativi” che ritengono, con i loro provvedimenti, di aggirare impunemente la Legge 40/2003 sulla fecondazione medicalmente assistita, autorizzando la diagnosi preimpianto per poter scartare gli embrioni “difettosi”, ovvero quelli affetti da sindrome di Down.
Mi hanno particolarmente colpito le parole che sulla vicenda degli imbecilli del gruppo di Facebook ha pronunciato il cantautore Eugenio Finardi, padre di una giovane Down di 26 anni. «Mi fanno veramente pena», ha detto Finardi, «e dimostrano di avere più problemi di mia figlia». Ha poi aggiunto: «Devono sentirsi davvero delle nullità, per prendersela con i più deboli dei deboli».
Peccato che i nascituri Down siano ancora più deboli dei più deboli tra i deboli. Ma coloro che li sopprimono, caro Finardi, non si sentono affatto delle nullità. Purtroppo.