Negli ultimi anni i progressi delle conoscenze nei campi della biologia e medicina hanno portato più ampi spazi di autonomia delle persone ma anche rischi alle loro libertà fondamentali e all’intera società. Si pensi ai trattamenti medici durante la gravidanza per prevenire e curare malattie del feto e alla tecnica della fecondazione assistita.



Per rispondere a questi cambiamenti, il Codice del 1942 è stato integrato con numerose leggi speciali, come la legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. Essa sin da subito ha creato molti contrasti nell’opinione pubblica: nel 2005 è stata sottoposta a referendum abrogativo che ha avuto esito negativo per il mancato raggiungimento del quorum dei votanti. È di questi giorni la sentenza del Tribunale di Salerno che, per la prima volta in Italia, autorizza una coppia fertile, portatrice di una grave malattia ereditaria (l’atrofia muscolare spinale), ad accedere alla fecondazione assistita e alla diagnosi preimpianto per eliminare gli embrioni ritenuti “non sani”. La sentenza fa seguito a un pronunciamento del Tribunale di Bologna che l’anno scorso aveva consentito a una coppia sterile di selezionare l’embrione sano dopo aver avuto un primo figlio colpito da distrofia di Duchenne.



Tuona contro la sentenza di Salerno il sottosegretario alla salute Eugenia Roccella: «è una sentenza motivata con il diritto alla salute ma non certo degli embrioni, che vengono sacrificati in un numero alto, anche 20. Si introduce un principio di eugenetica, e si dà un minor valore ai disabili, si proclama il non diritto di vivere per un disabile».

È giusto che una coppia, per soddisfare il legittimo desiderio di avere un figlio sano, sacrifichi un così alto numero di embrioni ritenuti portatori di malattie? La donna ha un diritto alla salute superiore a quello dell’embrione?

I principi fondamentali della legge 40 sono due: primo, confermare che gli embrioni creati hanno diritto alla vita e a una famiglia dove nascere, essere educati e amati; secondo, consentire alle coppie sterili, al pari delle coppie fertili, di avere un figlio. Viceversa, il Tribunale di Salerno dà una diversa interpretazione al concetto di infertilità, intesa non più come incapacità assoluta ma come difficoltà a procreare. Il pericolo di procreare un figlio malato, di complicazioni nella gravidanza e di aborti connessi a una patologia genetica, viene equiparato all’infertilità. In questo modo si allarga anche alle persone fertili la possibilità di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.



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Vediamo che cosa dice la legge 40. L’art. 1 assicura i diritti fondamentali a tutti i soggetti coinvolti nella procreazione, compreso il concepito. L’art. 5 stabilisce che solo un uomo e una donna, non di età avanzata, entrambi vivi, maggiorenni, coniugati o conviventi possono ricorrere a questa tecnica. Perciò i gameti usati per la procreazione devono appartenere ai coniugi: è ammessa la fecondazione omologa (art. 4, comma 3) mentre è proibita la fecondazione eterologa (gameti provenienti da donatori). Quest’ultima comporterebbe il rischio di privare il figlio della relazione filiale con le sue origini e il rischio di selezione eugenetica. Non è infatti pensabile una fecondazione eterologa che non sia preceduta da esami sulle caratteristiche genetiche dei possibili donatori. Le attuali conoscenze del genoma umano consentono di diagnosticare mediante tecniche di biologia molecolare la presenza di geni alterati produttori di gravi malattie.

L’art. 13, comma 1 e 2, vieta la sperimentazione sugli embrioni e lascia libertà di ricerca quando questa porta alla salute e allo sviluppo dell’embrione stesso. L’articolo 13, comma 3, vieta la selezione degli embrioni a scopo eugenetico per sopprimere quelli ritenuti malati. L’art. 14, comma 1, ne vieta la soppressione e il congelamento.

Il legislatore riconosce un’evidenza: la vita inizia dalla fecondazione, cioè dall’unione del gamete maschile con quello femminile. La fusione dei due gameti porta alla formazione dell’embrione, chiamato zigote, da cui si sviluppa un processo continuo e ordinato che darà vita a un individuo. Il concepito fin dall’inizio svolge un programma di sviluppo in piena autonomia. E’ un soggetto umano in atto e deve essere trattato con rispetto e dignità. Il ciclo vitale umano inizia con lo zigote e prosegue in modo inarrestabile fino ad arrivare all’adulto. Non si può discriminare gli esseri umani in base alla fase del loro sviluppo: lo zigote, il bambino e l’adulto sono persone e hanno gli stessi diritti.

 

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La Corte Costituzionale in diverse sentenze ha riconosciuto il diritto alla vita al concepito. Ad esempio, nella sentenza n. 35 del 1997 afferma «la tutela del concepito, la cui situazione giuridica si colloca, sia pure con particolari caratteristiche sue proprie, tra i diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 della Costituzione come il diritto alla vita». L’embrione non può essere trattato come una cosa: non può essere soppresso, perché togliere una vita umana è un reato contro la persona, e nemmeno venduto o acquistato.

L’anno scorso però la Corte ha cambiato orientamento. Nella sentenza 151/2009 dà una nuova interpretazione alla legge 40 dichiarandola illegittima in alcuni suoi punti. All’art. 14, comma 2, cessano di avere efficacia le parole «ad un unico e contemporaneo impianto comunque non superiore a 3 embrioni». Quindi possono essere prelevati non più solo tre embrioni, il numero necessario per un unico impianto, ma anche un numero superiore e quindi si apre la possibilità di congelarli per ulteriori impianti. E ancora, ha dichiarato incostituzionale il comma 3 dello stesso articolo nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. Dopo questa sentenza della Corte, il Tribunale ha considerato il diritto alla salute della donna, persona già nata, prevalente sul diritto di salute dell’embrione.

La Corte ha dato adito a diverse interpretazioni della legge 40 non chiarendo alcuni punti. Ad esempio, gli embrioni prelevati e congelati, se non utilizzati per ulteriori impianti, che fine faranno? Verranno soppressi o usati per la ricerca? Ma questo è vietato dalla stessa legge 40, che infatti considera l’embrione soggetto di diritto, portatore di interessi che devono essere fatti valere attualmente, e non solo il diritto alla vita e alla salute ma anche il diritto alla famiglia, alla propria identità genetica ed affettiva, all’uguaglianza.

Il grado di civiltà di un popolo si riconosce se i progressi della tecnica e della medicina vengono utilizzati per tutelare le libertà fondamentali a tutti gli uomini, anche del soggetto più debole e indifeso. Senza questi diritti fondamentali, riconosciuti a ogni uomo dalla Costituzione, nessun altro diritto avrebbe valore. Lo Stato, attraverso la Corte o il Parlamento non può metterli in discussione e deve intervenire per riconoscerli e garantirli.

 

(Maria Sorpresa)