Vogliono, anzi, pretendono chiarezza e – soprattutto – giustizia, i familiari di Giuseppe Uva l’artigiano di 43 anni fermato ubriaco dai Carabinieri il 14 giugno 2008 e deceduto in ospedale in seguito ad una notte trascorsa in caserma a Varese. All’epoca, in seguito all’autopsia, non era emerso nulla che lasciasse presagire un pestaggio da parte dei carabinieri in seguito al quale Giuseppe Uva avrebbe perso la vita.



Intanto si apre l’ipotesi che la Procura di Varese valuti la possibilità di aprire un nuovo filone di indagini. Secondo Luigi Manconi, infatti, è necessario fare chiarezza sul «rapporto pregresso tra Uva e i carabinieri, o altri appartenenti alle forze dell’ordine, che avrebbe originato un forte risentimento personale tale da spiegare il particolare accanimento nei confronti dello stesso Uva».



Secondo Manconi, non sarebbero state prese in dovuta considerazioni le dichiarazioni del comandante del posto di polizia presso l’ospedale di Circolo. Si legge in queste, infatti, che la morte di Giuseppe Uva non sarebbe «un evento non traumatico» dal momento che erano evidente «tra il cavallo e la zona anale una macchia di liquido rossastro». I magistrati della Procura di Varese, inoltre, non avrebbero mai interrogato Alberto Biggiogero, il testimone chiave, la persona fermata con Uva e portata nella caserma. Alberto Biggiogero ha dichiarato di aver sentito per due ore le urla strazianti di una persona molto probabilmente sottoposta ad un cruento pestaggio, le urla di Uva.



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 L’AVVOCATO CHE SI STA OCCUPANDO DEL CASO UVA – Il caso è seguito dall’avvocato Fabio Anselmo, che non è alieno a situazioni del genere. In passato si era occupato delle vicende giudiziarie di Cucchi e Aldrovandi. Contattato da Lucia Uva, la sorella di Giuseppe, ha fatto sapere di essere intenzionato a presentare un nuovo esposto alla Procura di Varese. Quello che i familiari sono intenzionati a chiedere è ben chiaro: «Riconsiderare il caso ed effettuare un’autopsia più accurata». Come, infatti, ha ipotizzato Luigi Manconi, presidente dell’associazione “A buon diritto”, ci potrebbero essere tutti gli estremi per un «nuovo caso Cucchi».