Continua l’emergenza provocata dall’eruzione del vulcano Fimmvorduhals, sul ghiacciaio islandese Eyjafjallajokul. La nube sprigionata, una colonna di oltre undici chilometri,si sta muovendo verso sud est tanto che gli aeroporti svedesi hanno parzialmente riaperto il traffico, ma la maggior parte dei voli che riguardano i paesi del nord Europa continuano a essere fermi almeno fino a sabato. L’organismo europeo per la sicurezza aerea, Eurocontrol, pensa di cancellare nelle prossime ore 17mila voli su 28mila. Ieri i voli cancellati erano stati 8mila. Abbiamo chiesto al dottor Gianpaolo Cavinato dell’IGAG (Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del CNR) di spiegarci in cosa consiste la particolarità di questa eruzione che sta creando tanti disagi e quali parallelismi possano esistere, se ne esistono, con un vulcano come l’Etna.
Dottor Cavinato, non è la prima volta che si verifica una situazione del genere, anche se non di questa portata.
No, non è la prima volta. Il problema principale che ha creato questa situazione di emergenza è, visto il periodo dell’anno, la grossa presenza di ghiacci e di neve che ancora ricoprono l’Islanda. La zona che interessa l’Islanda è una serie di isole fatte quasi esclusivamente di vulcani, lungo una spaccatura che noi geologi chiamiamo dorsale medio atlantica. Si tratta di una grande frattura che taglia in mezzo l’oceano Atlantico dove ci sono isole vulcaniche come appunto l’Islanda.
Questo tipo di situazioni sono prevedibili?
Sì, sono prevedibili, anche se non nelle loro forme complete. Noi riusciamo a stabilire se un vulcano sta per eruttare grazie a una serie di manifestazioni che si rendono visibili. Ad esempio l’aumento di attività sismica. Noi possiamo registrare segni precursori, l’aumento di sismicità che tende a portare il magma verso l’esterno e quindi provocare i terremoti. Attraverso le fratture che tagliano la superficie terrestre ogni tanto ci sono manifestazioni gassose e con gli strumenti a disposizione noi possiamo registrare questi eventi che ci danno la certezza che si sta verificando una esplosione vulcanica, che del magma contenuto all’interno del vulcano sta cercando di fuoriuscire. Il problema è però un altro: ancora non siamo in grado di determinare quanto potrà durare una esplosione vulcanica.
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Ci sono stati precedenti analoghi in quella zona?
In Islanda, alla fine degli anni Cinquanta, primi Sessanta, ci fu una eruzione sottomarina che portò alla fuoriuscita di una vera e propria isola. Era un’isola vulcanica che continuò a eruttare per giorni e giorni. Questo vulcano in particolare, quello che sta creando tanti disagi in queste ore, eruttò per l’ultima volta circa duecento anni fa e rimase attivo per quasi un anno intero.
C’è un motivo particolare per cui si è sprigionata una nube di tale portata?
Quello che crea una manifestazione del genere è il fatto che l’Islanda in questo periodo dell’anno è ancora ricoperta in grande parte da ghiacci e neve. E’ l’interazione fra ghiaccio e magma che crea questa nube. I lavilli sono elementi grossolani, e scendono subito lungo la montagna. Le ceneri invece vengono portate in cielo per diversi chilometri di altezza.
Le autorità islandesi hanno invitato la popolazione a non uscire di casa o a indossare maschere antigas.
Ogni volta che si assiste a una emissione da parte di un vulcano si crea vapore acqueo che forma le nuvole biancastre, ma anche componenti pericolose per l’uomo come l’anidride solforosa. Dipende da quanta emissione si produce per creare vera pericolosità. E ovviamente bisogna trovarsi nelle vicinanze del fenomeno.
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Si potrebbe assistere a una situazione analoga in caso di eruzione dell’Etna?
L’Etna e il vulcano islandese sono teoricamente molto simili. Però in Islanda le emissioni laviche non sono esplosive come sull’Etna. La dorsale atlantica di cui fa parte la zona islandese è basaltica. Il basalto a contatto con l’acqua e per via delle temperature fredde di quella zona nordica crea esplosioni. Ad esempio ce en sono di frequenti nella zona delle isola hawaiane, dove esiste uno dei vulcani più grandi del mondo. Lì però, per via della temperatura diversa, non fredda, non vengono a crearsi pericoli per l’uomo, se non ovviamente per chi si trovasse nelle immediate vicinanze delle zone esplosive. La stessa cosa vale per l’Etna dove poi le esplosioni sono molto meno frequenti. Dipende da dove si rompe la crosta terrestre, se si rompe a mezza quota rispetto alle pendici del monte allora possono venire interessate i paesi e le abitazioni che si trovano a quell’altezza.
Per cui possiamo dire che quello a cui assistiamo in queste ore è una situazione tipica di quella parte del mondo…
In Islanda c’è un chimismo che altera la componente del magma creando un chimismo più acide e l’aumento delle esplosioni. E’ una situazione che è ancora sotto studio e con un quadro da definire. Le autorità responsabili hanno fatto benissimo a fermare i voli aerei. Queste emissioni sono talmente sottili che hanno mandato nel cielo una sorta di piccoli pezzetti di vetro vulcanico. Se questi pezzettini di vetro entrano nei motori di un aereo, lo possono bloccare e creare esplosioni.
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