Caro direttore,

Quanto meno, questo non è un periodo particolarmente felice per dichiararsi cattolico, comunque non nel mio ambiente. Sono professore e preside di facoltà alla McGill University di Montreal, Canada, e talvolta attorno a me si chiedono come una persona ragionevole quale io sono possa ancora credere oggi. È ancora più sorprendente che io possa essere cattolico: non è forse questa la religione retrograda e autoritaria dei trucchi, della venerazione della Vergine Maria e via dicendo? Come può uno seguire la Chiesa cattolica dopo tutti gli scandali e tutte le omissioni, vere o presunte, nel vigilare su questi abusi? Qualche anno fa, il mio stimato collega e amico, Gil Troy, scrisse un articolo dall’espressivo titolo “Perché sono un sionista”. Io vorrei spiegare perché sono un cattolico.



Nella nostra società multiculturale siamo spesso inclini a guardare alla religione come a qualcosa di semplicemente culturale, un’appendice all’identità etnica. Se uno va in chiesa è perché è stato educato così, è parte del suo bagaglio culturale. Ho scoperto che alcuni miei conoscenti sono rimasti sorpresi dal fatto che io credessi davvero, che avessi certezza della mia fede. Quindi, perché sono cattolico? Perché credo in una Presenza reale, affermo la primazia della Sede di San Pietro, guardo alla Chiesa per la salvezza (che non è vivere felicemente d’ora in poi, ma vedere il significato ultimo delle cose), soprattutto ora che il successore di Pietro, Benedetto XVI, è sotto attacco, o, meglio, lo è l’intera Chiesa?



 

Perché ammiro e seguo Papa Benedetto, quando altri ne chiedono l’arresto? Perché ho commemorato il quinto anniversario della sua elezione a Vescovo di Roma? Perché confesso i miei peccati a un prete quando vi sono stati tanti preti, e forse ce ne sono ancora, che hanno commesso crimini indicibili contro i più innocenti nella Chiesa e nella società?

 

Come premessa, vorrei far notare che la stessa origine della Chiesa è stata segnata dal tradimento e dal peccato. Giuda ha consegnato il Cristo innocente alla crocifissione e alla morte, e perfino Pietro, la Pietra, ha negato di conoscere Cristo nel momento in cui il suo amico e maestro aveva più bisogno di lui. Nessuno scandalo, non importa quanto brutto, e quelli di questi giorni lo sono davvero, è sufficiente a distogliermi.



 

Quindi, cosa mi tiene nella Chiesa? Non ho nessun motivo pietistico per rimanere e, in un certo senso, neppure ragioni mondane. Non sono un tipo spiritualistico, sono cattolico per due ragioni: innanzitutto, credo nella ragione in quanto tale e, secondo, desidero un luogo dove la mia umanità possa crescere.

 

La ragione. L’altro giorno, Robert Fulford ha sferrato un attacco contro la ridicola proposta di Christopher Hitchens e Richard Dawkins di arrestare Benedetto XVI, liquidando il primo come uno in cerca di pubblicità, ma descrivendo Dawkins come frustrato da un infausto presagio: il mondo sta diventando sempre più religioso e questo va contro la sua campagna a favore dell’ateismo. Fulford fa notare che anche Jürgen Habermas, il noto sociologo e filosofo, ha ammesso un “punto cieco” nel suo approccio razionalista (National Post, 17 aprile).

 

 

Io rimango cattolico perché riconosco questo punto cieco. Per restare fedele alla ragione devo ammettere che ci sono alcune cose cui la ragione non può rispondere; parafrasando il teologo Luigi Giussani, per rimanere fedele a se stessa, la ragione deve ammettere il Mistero. La Chiesa cattolica afferma che il Mistero si è fatto Carne ed è ancora presente tra noi in quella imperfetta istituzione chiamata Chiesa, con tutti i comportamenti deplorevoli che contiene.

 

Come scrive il romanziere scozzese Bruce Marshall nel suo Il mondo, la carne e Padre Smith, la Chiesa “è tutta gloriosa al suo interno, perché il carico che porta sana tutte le sue crepe”. È proprio questa coscienza che permette alla Chiesa di fare tanto bene nel mondo. Questa è la ragione per cui la stragrande maggioranza dei preti dà la propria vita, spontaneamente e con amore, per Cristo, per gli uomini, le donne e, sì, i bambini.

 

L’umanità. Che la Chiesa sostenga la Presenza reale, che riconosca Cristo presente in questa Chiesa peccatrice, tutto questo corrisponde alla mia umanità. Non devo vivere in un paese immaginario, sperando che lì ci sia Dio, non c’è bisogno di sforzo e forza di volontà per credere. Il Dio che si è fatto Carne si rende evidente a me costantemente. Non devo fare un salto nel buio, né aggrapparmi a qualche sconosciuta entità. Devo solo seguire un’attrazione, perseguire ciò che mi ha attratto inizialmente e che continua ad attirarmi nella Chiesa, certe persone o un gruppo di amici, o una particolare persona in un dato momento, vale a dire una compagnia dove sperimento uno sguardo misericordioso su di me. C’è qualcosa di più semplice, di più umano di questo?

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