Caro direttore,

Siamo Christian e Serena, due operatori volontari della Croce Rossa Italiana che dalla notte del 6 aprile e per i due giorni successivi gestirono parte del coordinamento dell’obitorio nella caserma della Guardia di finanza di Coppito. In quell’occasione avemmo modo di accompagnare, tra i moltissimi altri, anche Maurizio Cora al fatidico e doloroso riconoscimento dei suoi cari, ovvero della moglie e della figlia Alessandra.



Lo vedemmo che si aggirava tra le decine di salme disposte in fila, alzando qua e là le povere lenzuola con cui coprivamo le salme mano a mano che pervenivano. Mi avvicinai a lui e gli chiesi se cercasse qualcuno, se potessimo aiutarlo e gli dissi che comunque non si potevano controllare le salme in quella maniera dal momento che erano catalogate all’arrivo e che si poteva dunque restringere il campo della ricerca. «Sì, grazie – mi disse – cerco mia moglie e mia figlia. So che dovrebbero essere qui, da qualche parte. Mi potreste aiutare a trovarle, per favore… no, non possono essere all’ospedale, sono per forza qui perché le ho viste tirar via dalle macerie… sono morte certamente…».



Ghiaccio dentro di noi; non quello dei diversi gradi sottozero che facevano all’esterno, ma il freddo intenso del sentirsi annullati da tanta calma, dalla capacità di un uomo in quelle condizioni di poter ancora pronunciare, e con pacatezza, parole come “grazie” o “per favore” (quanti urli, strilli, pianti e crisi di nervi in quei giorni!). Una volta trovate, il nostro spontaneo abbraccio a lui, un bicchiere di tè caldo e una coperta sulle spalle; a seguire le pratiche formali con i funzionari della scientifica.

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Così si chiuse la nostra conoscenza con Maurizio Cora, salvo poi apprendere, come un colpo inaspettato, del decesso di Antonella pochi giorni dopo; e a pensare nuovamente a quell’uomo, verso cui la vita si era accanita con tanta veemenza, senza lasciargli neppure la possibilità di un possibile miracolo postumo.



 

Ci farebbe oltremodo piacere se voleste far pervenire a Maurizio Cora la nostra più sentita vicinanza; che non si senta solo, perché ci siamo anche noi a pensarlo e ancora a ringraziarlo per la sua preziosa ed indelebile testimonianza. Una testimonianza che non è solo quella mostrata oggi o al tempo dell’intervista a voi rilasciata, ma che, come già detto, ha dimostrato anche quella stessa notte, dove chiunque altro cedeva di schianto sotto il peso amaro e insostenibile della morte e della separazione perenne.

 

Grazie allora se poteste fargli pervenire questa nostra testimonianza; dove qualcuno quella notte ci ha lasciati, lui ha provveduto a lasciare dentro noi soccorritori il rinvigorito seme della fede, della speranza e del perseverare nella nostra opera. Il seme ha fruttato infatti e grazie anche alla testimonianza di Maurizio Cora, oggi abbiamo costituito un nucleo di Protezione Civile in seno al nostro Gruppo di Croce Rossa Italiana in quel di Fara Sabina (Rieti), pronti nuovamente ad intervenire dove ve ne fosse bisogno.

 Alessandra, Antonella e Patrizia sono ancora qui. Ha ragione, Maurizio.

 

Christian e Serena

Volontari del Soccorso, Croce Rossa Italiana