Pubblichiamo l’intervento di Graziano Debellini, presidente del gruppo turistico Tivigest, pronunciato ieri in una conferenza stampa tenuta al Caffè Pedrocchi di Padova.
Il giorno prima il quotidiano Il Mattino di Padova aveva pubblicato un articolo dal titolo “Il pm: processateli per truffa all’Ue”, in cui si preannunciava il rinvio a giudizio per dieci amministratori delle “Coop padovane della galassia di Cl”.



Dopo aver avuto conferma dal mio avvocato Giorgio Fornasiero che il pm che segue l’inchiesta sui fondi europei ha chiesto il rinvio a giudizio per dieci persone tra cui il sottoscritto, ho ritenuto importante fare alcune dichiarazioni.

Seppur in attesa di una conferma da parte del gip, ritengo fondamentale esprimere una chiara fiducia nella magistratura della nostra città. L’evoluzione stessa di questa inchiesta, che dura da vari anni, dimostra equilibrio e saggezza. E voglio perciò esplicitare la mia completa disponibilità nel rispettare la giustizia come qualsiasi cittadino, certo però di poter dimostrare la mia innocenza e la mia estraneità alle accuse, qualunque sia la sede stabilita.



Su questo sarò più preciso appena sarà precisata l’accusa riguardante i corsi tenuti quasi dieci anni fa dall’Istituto Romano Bruni di cui ero presidente.

Una seconda considerazione. Voglio anche sottolineare come il mondo della formazione e delle scuole professionali rappresenti una grande ricchezza sociale nella vita del nostro Paese e della nostra regione. Coloro che lavorano in questo campo svolgono un compito prezioso e decisivo e particolarmente importante in questo momento, caratterizzato da una profonda crisi economica, insieme alla presenza sempre più numerosa di lavoratori che provengono da tanti paesi del mondo.



Il mondo della formazione, occorre sottolinearlo, è un mondo molto complesso: basti solo pensare che è articolato in oltre 26mila regole di funzionamento. Richiede un grande dispendio di sacrificio personale. I compensi per chi lavora in questo comparto hanno livelli tra i più bassi. Questa complessità non è estranea alle ragioni per cui molti Enti di Formazione professionale soffrano una profonda crisi fino ad arrivare – come è accaduto recentemente – anche a qualche clamoroso fallimento. La cooperativa Dieffe è una delle realtà nella formazione più importanti della nostra regione. È certamente quella che io ho visto più da vicino, pur lavorando in un altro settore: il turismo.

Ciò che più mi ha colpito in questa realtà sono le centinaia di corsi e le migliaia di persone coinvolte, con una eccellenza nelle scuole professionali dove c’è la presenza di 800 alunni. Il 70% di questi alunni proviene dall’ambito del disagio, il 30% sono extracomunitari. I risultati sono clamorosi: il 100% degli alunni trova lavoro entro sei mesi dal termine del corso.
Accanto a questo lavoro educativo e formativo, ho visto sempre documentato, verificato dagli organi competenti e consultabile il materiale di centinaia di corsi, con una stima crescente nel mercato verso questo tipo di enti formativi.

Non è un caso infatti se tanti progetti della Dieffe sono stati realizzati insieme con importanti istituzioni del nostro territorio come la provincia di Padova, la provincia di Venezia, la provincia di Treviso, il comune di Padova, il comune di Venezia, il carcere di Padova e quello della Giudecca di Venezia, e ancora con l’Associazione industriali, la Confartigianato, la Confesercenti, l’Asl 16, e l’Asl di Venezia e di Lonigo (VI) e ancora i comuni di Rovigo e Valdobbiadene (TV).

Io credo che di fronte a una realtà così significativa in cui sono coinvolte centinaia di lavoratori e di famiglie occorra innanzitutto un grande rispetto, quel rispetto che va tributato a chiunque promuova lavoro ed educazione. Oserei dire che ci vorrebbe anche un po’ di sano orgoglio. Nella nostra terra il benessere è legato storicamente al grande sacrificio e alla passione di tante realtà produttive ed educative.

E perciò prima di parlare di “consorterie della truffa” o di “corsi fantasma” con marchi religiosi occorre innanzitutto una conoscenza maggiore di queste realtà e in secondo luogo un rispetto dei tempi della giustizia, prima di qualsiasi processo mediatico.
Non si può denigrare e distruggere senza una seria verifica. Occorre una cultura del rispetto, non del sospetto. Anche l’eventualità di un rinvio a giudizio dev’essere concepita nel rispetto della dignità della persona previsto nella nostra Costituzione e non accompagnata da una gogna mediatica.

Una piccola ma importante nota storica. Queste inchiesta era nata alcuni anni fa in un clima di grave sospetto. In Calabria De Magistris apriva la presunta grande inchiesta Why Not. In seguito a queste inchieste cadde il governo Prodi. Oggi dopo il processo relativo a quell’inchiesta (che sembrava avere risolto tutte le trame oscure del nostro paese) rimane per il principale imputato una condanna per abuso d’ufficio e l’incriminazione di alcuni dei principali accusatori. Ma di questo esito purtroppo nessuno parla. Questo non fa notizia.

Anche nella nostra città e in alcuni giornali frettolosamente e superficialmente si era parlato di un’altra Why Not: quella veneta. Il signor De Magistris almeno due volte è venuto a pontificare in città su questa presunta Why Not veneta: peccato che a smentirlo qui a Padova sia stato il segretario provinciale del suo partito. Quel clima di veleni aveva investito la nostra città e aveva enfatizzato accuse e sospetti: era diventato problematico persino partecipare a un corso su Sant’Agostino o andare in pellegrinaggio in Terrasanta.

Adesso mi pare che si respiri un’altra aria. C’è finalmente da rispondere su fatti precisi e non più sui teoremi fantasiosi. Per questo ho parlato di fiducia verso la magistratura della nostra città.

Un’ultima annotazione, poi lascio la parola al mio avvocato per una puntualizzazione. Io spero ardentemente che chi nelle nostre città e nella nostra terra intraprende un’impresa sociale o di business possa innanzitutto essere accolto e rispettato per quello che è, e che la partecipazione alla vita associativa – si parli di Confindustria o di Compagnia delle Opere – sia rispettata come un fattore positivo. Per questo è grave continuare ad appiccicare sigle e appartenenze (anche ecclesiali) come fossero una mafia e non una ricchezza per la società, sommare fatturati e numeri senza mai parlare del bene fatto per l’occupazione e l’educazione di tante persone. Le associazioni non sono holding, sono strumenti di rapporto, di relazione e di solidarietà.

Per me che sono presidente di un gruppo turistico, l’iscrizione alla Compagnia delle Opere con una quota di 350 euro all’anno è una cosa importante perché mi sostiene con contenuti e momenti formativi nel difficile compito di fare l’imprenditore. Sono anche iscritto a Confindustria e anche questo è un aiuto. Poi alla domenica vado a messa al Santo: non so se anche qui c’è qualcosa dietro da scoprire.

Sento un grande bisogno di recuperare una sana laicità, una sana sobrietà e una valorizzazione più grande di tutto il bene che ancora si verifica nella nostra città.