A Torino il comune ha approvato la delibera popolare per il riconoscimento delle unioni civili. Da oggi gli impiegati dell’anagrafe potranno rilasciare un certificato con cui riconoscono un attestato di famiglia anagrafica basata sul vincolo affettivo. Era assente in massa l’opposizione di centrodestra. Il documento è valido solo per il riconoscimento di diritti e benefici previsti dall’amministrazione comunale: casa, sanità e servizi sociali, giovani, genitori e anziani, sport e tempo libero, formazione, scuola e servizi educativi, diritti e partecipazione. La Curia della città piemontese ha emesso una nota su questa delibera, che sottolinea come quanto accaduto di fatto “svaluta l’istituto della famiglia”.
Nella sua nota, la Curia torinese si dice “molto perplessa e amareggiata” dal regolamento approvato dal comune. “In questo modo si enfatizzano vincoli alternativi influendo su una formazione di mentalità libertaria dove ognuno vorrebbe che ogni sua scelta di vita ottenesse una legittimazione di copertura giuridica”. A Torino ci sono 10.577 nuclei composti da due persone (quasi tutte coppie di fatto) e 21.516 nuclei con almeno un convivente (quasi sempre coppie di fatto con figli). Queste 32 mila “famiglie” – tra cui 505 coppie gay – potrebbero usufruire della nuova norma, sulla cui efficacia e validità alcuni nutrono dubbi. Al proposito, la nota della Curia prosegue così: “Sarebbe bene che chi ha responsabilità dedicasse il proprio impegno e le proprie risorse alla famiglia, quella che con il vincolo matrimoniale garantisce l’unione degli sposi e l’equilibrio affettivo ed educativo dei figli. Siamo un Paese in grave crisi demografica, e una delle ragioni è certamente l’annosa carenza legislativa a favore della famiglia, sia a livello nazionale che locale”.
– La nota infine si sofferma su queste parole: “Come Chiesa torinese desideriamo ribadire il massimo rispetto nei confronti delle persone e delle loro scelte di vita ma non ci stancheremo di proporre alle giovani generazioni il modello millenario di famiglia. È pericoloso non sostenerla nella sua stabilità già fin troppo vacillante”.