Caro direttore,

Non sono un esperto di Sanità. Né intendo spacciarmi come tale. Ma fa una certa impressione leggere, ventiquattrore dopo l’accorato assalto di Gad Lerner al modello Lombardia nella sanità, espressione “della destra mortificante sia in termini di valori civili che di servizi resi ai cittadini”, una paginata sul nuovo modello organizzativo di Niguarda.



Leggo, sempre su Repubblica, vetrina non sospetta di partigianeria per l’attuale maggioranza, che dopo un investimento estremamente impegnativo (130 milioni solo per il blocco Sud) sta per decollare a Niguarda un modello organizzativo di stampo nuovo, dove i pazienti verranno “assistiti in base all’intensità della cura”.



Il singolo primario non avrà più il controllo del “suo” reparto ma dovrà muoversi andando al letto dei malati in questo o quel settore a seconda delle cure richieste. Ripeto, di sanità ne capisco poco. Prendo atto che il modello prevede maggior flessibilità e taglio dei costi. Ammaestrato dalla lettura di Gad Lerner, però, interpreto il tutto come l’ennesima riprova che qualcosa di marcio c’è sotto la Madonnina. Ovvero che la riforma che muove così tanti quattrini, in fondo non può che giovare: a) alla Sanità privata, quella delle cliniche di Ligresti o dell’Humanitas (ma per carità, non tocchiamo quelle della Cir che si apprestano ad andare in Borsa); b) alla ‘ndrangheta che ha già infilato i sui uomini nei gangli vitali del sistema; c) alla macchina elettorale e clientelare del boss che da vent’anni governa in Lombardia.



Eppure, leggo sempre su Repubblica, il sistema progettato dal direttore generale del Cerba Maurizio Mauri, è il risultato di una riforma che nasce da lontano, addirittura dieci anni fa per iniziativa “dell’allora ministro della Sanità, Umberto Veronesi, e di Renzo Piano. Un modello di sanità che ottimizza i servizi, taglia gli sprechi e rende meno dura la vita del malato”.

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E mi domando, da ignorante quale sono, come mai questo tentativo (di sicuro imperfetto, ma migliorare con l’esperienza sul campo) sia maturato sotto i cieli di Lombardia, durante il regime di questa destra retriva ed ignorante, confessionale e clientelare, e non sotto gli spazi liberi garantiti da altre amministrazioni.

 

Per carità, la critica in democrazia è sempre legittima. Meglio se ben documentata: la Lombardia è senz’altro un benchmark d’eccellenza in quanto a Sanità. E non solo in Italia. Sul piano amministrativo, la Sanità chiude in attivo a fronte di sistemi, vedi Lazio o Campania piuttosto che Sicilia, che hanno richiesto leggi speciali per evitare il dissesto della già disastrata finanzia pubblica.

 

Negli ultimi dieci anni sono stati aperti sette ospedali che su dieci pazienti, ne assistono sei in arrivo da altre regioni: un buon esempio di sussidiarietà e un ottimo aiuto alla bilancia dei pagamenti del Bel Paese visto che, in assenza dell’offerta lombarda, i malati del Sud finirebbero (come già succede) in Francia ma non di certo nelle regioni del Centro Sud.

 

Per carità, non mancano le ragioni per contestare Roberto Formigoni che, a detta di Giulio Tremonti, ha ormai “la testa nei grattacieli”. O che partecipa, a pieno titolo, alla triste pochade dell’Expo. Ma associare la pressione della malavita organizzata al sistema Lombardia è davvero bizzarro. La ‘ndrangheta, c’insegna un magistrato come Nicola Gratteri, adotta una doppia strategia: da una parte è attenta a mantenere in regime di sudditanza e miseria il suo territorio di riferimento; dall’altra insegue, con cinismo ed efficienza il guadagno nelle aree a maggior tasso di potenziale profitto.

 

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Senza un’azione coordinata e la piena comprensione del fenomeno, aggiunge, non si spiegano i delitti di mafia a Duisburg o l’organizzazione che ha permesso alla ‘ndrangheta i favori e l’elezione del senatore Di Girolamo tra gli emigrati in Europa. Ma da questo a sospettare che la signora Merkel sia in odore di mafia ce ne corre, anche se il suo ministro delle Finanze, Schauble, esprime valori di destra quando si rifiuta di pagare il conto dello sbilancio della Grecia. Con questo caldo, anche il buon senso, certe volte, va in vacanza.