Dopo la bocciatura da parte del Tar della Regione Lombardia delle linee-guida sull’applicazione della legge 194, ci uniamo alla preoccupazione del prof. de Curtis (Corriere della Sera del 6 gennaio), Professore Ordinario di Pediatria dell’Università La Sapienza, per esigere linee-guida per la rianimazione dei neonati, nonché a quelle del sottosegretario alla sanità, Eugenia Roccella, per l’impegno a farle prontamente.
Le linee-guida della regione Lombardia al proposito sono state “bocciate” dal Tar di quella Regione e a questo punto come medici in molti siamo seriamente preoccupati. Perché è un fatto di semplice buon senso che non si lasci all’improvvisazione e ai “secondo me” la decisione sulla vita dei bambini. Ma avete idea di come si senta la spada di Damocle sul capo chi va in sala parto, si trova davanti un bambino molto prematuro che rischia di morire e se vive rischia di avere una indeterminata disabilità, e deve decidere in un attimo se assisterlo o meno, rischiando oltretutto di essere denunciato invece di essere lodato per averlo salvato?
Certo, se si nasce troppo presto, quando i polmoni non sono assolutamente pronti, allora non c’è niente da fare – ma comunque sarebbe sempre bene prevedere un trattamento umano di questa morte, e un umano trattamento delle spoglie: ci sono già leggi apposta, basta applicarle. Ma se c’è anche una chance, noi siamo del partito di chi crede che vada tentata: potrebbe essere inefficace, ma non pensate che ognuno abbia diritto a una possibilità di vita e che questa vada basata su dati certi, per non accanirsi inutilmente, ma anche per non abbandonare chi potrebbe vivere?
I bambini nascono prematuramente anche “grazie” alle nuove mode di farli in età avanzata. E potrebbero nascere prematuramente se si esegue un aborto tardivo. Forse non tutti sanno che con il cosiddetto aborto terapeutico, spesso si nasce vivi e si muore in un tempo variabile, perché avviene né più né meno come un parto, che se eseguito quando i polmoni non sono pronti lascia il bambino morire asfissiato o per blocco cardiaco conseguente.
Il prof de Curtis scrive: “Alcuni ritengono che in caso di aborto il feto vitale vada sempre rianimato, anche contro il volere della madre, perché si può presumere lo stato di abbandono giuridico da parte della madre”. Crediamo che il bambino prematuramente nato in seguito a un aborto debba essere sempre assistito e curato (anche se la madre o il padre non vogliono), perché non può essere un genitore a decidere se far vivere o morire il figlio con cui ha evidentemente un conflitto di interesse. Sono ben finiti, ci risulta, i tempi del diritto di vita e di morte dei genitori sui figli.
Ma va anche fatto notare che se il feto è vitale e può essere rianimato è segno lampante che l’aborto per la legge non doveva farsi, in base all’articolo 7 della legge 194 che richiede che solo in caso di rischio per la vita (non per la salute!) della donna si superi il termine per abortire segnato elasticamente dal momento dello sviluppo corporeo in cui il feto è rianimabile. Sarebbe bene che qualcuno traesse le conseguenze!
Le linee guida della regione Lombardia ci sembrano assolutamente accettabili, perché non sono state fatte dai politici, ma dai medici; e non lasciano spazio al “secondo me”. Perché in medicina il “secondo me” non deve esserci. Non può esserci sulla scelta di curare o non curare; non può esserci sul tipo di malformazione fetale che darebbe o non darebbe seri danni alla madre e in base alla quale si abortisce; non può esserci sul verificare o non verificare con l’autopsia se la diagnosi prenatale era stata fatta correttamente. Tutto questo le linee guida lombarde lo garantiscono.
Ma siamo ancora a discutere su “come e chi lasciar morire”, mentre le donne vorrebbero far vivere: la politica lo tenga ben presente.