Il vescovo di Padova ha fatto delle dichiarazioni sui nostri soldati in Afghanistan destinate a far discutere.
Sta facendo discutere l’affermazione di mons. Antonio Mattiazzo, vescovo di Padova, sull’uccisione, in Afghanistan, del soldato alpino Luca Sanna. «Certo – ha detto Mattiazzo – sono dispiaciuto per la morte di questo ragazzo. Ma non sono d’accordo con una certa esaltazione retorica, non facciamone degli eroi. Magari poi si scopre che un soldato è morto per una mina fabbricata in Italia…».
Dichiarazioni che lasciano interdetto l’arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia. Che si limita a chiosare: «Non ritengo opportuno replicare alle parole di un confratello, quello che penso sui nostri soldati in Afghanistan l’ho sempre detto nelle mie omelie». Senza mezzi termini, invece, risponde il ministro della Difesa Ignazio La Russa: «Si sarà fatto influenzare dalla sua impostazione politica», ha detto, riferendosi al fatto che Padova è città densa di suggestioni pacifiste (vedi le mobilitazioni contro la guerra in Vietnam e il comitato “No Dal Molin”».
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I genitori di Matteo Miotto, il penultimo militare italiano ucciso in Afghnistan, pochi giorni prima di Sanna, preferiscono minimizzare: «Siamo già tanto addolorati, sicuramente il sacerdote che pronunciò l’omelia funebre per nostro figlio la pensava in maniera completamente diversa». E, in effetti, Pelvi, così espresse la sua opinione sui nostri soldati all’estero: «Molti chiedono perché ci ostiniamo ad esporci in terre così pericolose.
Ma allora non si potrebbe rimproverare anche a Gesù di avere cercato la morte, affrontando deliberatamente coloro che avevano il potere di condannarlo? Perché non fuggire? Gesù non ha cercato la morte. Non ha però neppure voluto sfuggirla, perché giudicava che la fedeltà ai suoi impegni fosse più importante della paura di morire. Così ha preferito andare fino all’estremo limite piuttosto che tradire ciò che era…».