La Corte di Giustizia europea dei Diritti dell’uomo ha stabilito che è vietato brevettare medicinali che siano stati ricavati da cellule staminali ottenute con processi che hanno portato alla distruzione di embrioni. «Un principio ampliamente desumibile dal corpus legislativo comunitario, in particolare da alcuni interventi dell’Unione Europea. Che, tuttavia, si attendeva, con grande interesse. Questa sentenza, infatti, avrà grandi ripercussioni a livello comunitario», spiega, raggiunto da ilSussidiario.net Andrea Stazi, docente di diritto comparato presso l’Università europea di Roma. La sentenza, in effetti, porrà vincoli e paletti in molti settori dell’industria e della ricerca. La Corte, non a caso, si è espressa in merito ad un procedimento che dovrebbe combattere il morbo di Parkinson brevettato da Oliver Brustle, ricercatore tedesco. Il tribunale del suo Paese, in passato, aveva dato ragione a Greenpeace che si era opposta al brevetto che faceva uso di comportanti la distruzione degli embrioni. Il ricercatore si era opposto alla sentenza. Ma, a quel punto, il Tribunale federale tedesco in materia di brevetti si era rivolto alla suprema Corte. «La sentenza – spiega Stazi – introduce un principio a livello comunitario in grado di fungere da vincolo per i singoli Stati membri. Principio che, senz’altro – onde evitare di incorrere in conseguenze a livello comunitario – gli Stati membri si guarderanno bene dal contrastare. Il che porrà dei limiti oggettivi a tutte le aziende che volessero brevettare questo genere di medicinali agli uffici brevetti nazionali». Potrebbe darsi il caso che una nazione europea abbia delle norme difformi rispetto al principio espresso. «Lo Stato membro – in tal caso – non deve modificare la propria legge adeguandola alle sentenza. Tuttavia, laddove vi fosse una legislazione in contrasto con essa, chiunque potrà fare ricorso agli organi comunitari. A quel punto, la legislazione nazionale dovrà esser ridisegnata in conformità ai principi comunitari».
La decisione, con ogni evidenza, «accoglie le istanze di chi ha richiesto una piena tutela della vita, anche del nascituro in potenza». Tuttavia, non rappresenta, di certo, un’anomalia. «La Corte, costituita da grandi giuristi, si è espressa in linea con i principi fondamentali dell’ordinamento comunitario legato alla sfera morale». E, facendo questo, «ha deliberato in maniera compatibile con la spiccata sensibilità sulla vita in materia di bioetica e di biotecnologica che sussiste in ambito europeo».