Una lettera di Salvatore Parolisi inviata al settimanale Panorama. Una lettera dai toni drammatici in cui l’uomo, unico accusato per l’omicidio di Melania Rea (sua moglie) chiede una sola cosa: poter rivedere la figlia. Domenisca scorsa è stato il compleanno di Vittoria, la bambina ha compiuto 2 anni e all’uomo non è stato permesso di vederla. Da quando è stato arrestato la può solo sentire al telefono cosa che fa ogni giorno, ma non gli è permesso di vederla, per proteggere la piccola da uno shock troppo forte. La bambina è affidata ai suoceri, i genitori di Melania, ma può anche passare dei momenti insieme ai nonni paterni. Nella sua lettera Parolisi dice che solo Dio sa quanto sta soffrendo perché non gli è permesso di vedere la piccola. In carcere che ci sia sole o piova il tempo è sempre uguale, dice: grigio e non passa mai. Dice che quando era ancora libero e andava a “rincuorare” la famiglia Rea e doveva separarsi da lei soffriva: adesso è proprio la famiglia Rea che gli impedisce di vederla. E’ ingiusto dice, sta provando a sopportare ma non sa quanto potrà resistere. “Sto sopportando, non so fino a quando, solo perché pensando a mia moglie so quanto dispiacere le avrei dato se avessi privato i suoi familiari della gioia di vedere mia figlia e perché non voglio assolutamente che lei sia al centro di assurde contese che le farebbero solo male” dice il caporal maggiore accusato di aver ucciso la moglie. Spera che prevalga il buon senso, e non accetta di venir considerato l’assassino di sua moglie. Si comportano da vigliacchi proiettando video e lasciando uscire notizie che lo infangano. Per Parolisi, la sua unica colpa è stata tradire la moglie per cui ha chiesto scusa a Dio e al mondo e alla moglie. stessa, nella sua intimità, spiega E’ l’unica accusa vera, le altre non hanno senso. “Continuerò a difendere la mia assoluta innocenza. Sono convinto che prima o poi i giudici mi ascolteranno e riconosceranno le mie ragioni” conclude. Al momentio per Parolisi non sono previste novità di rilievo: la sua richiesta di scarcerazione è stata repsinta, perché le prove a sua discolpa presentate dalla difesa non sono state giudicate sufficienti a fare ciò. Per l’accusa, ci sono invece prove consistenti della sua colpevolezza o quantomeno del progetto di un piano per uccidere la moglie, atto poi forse compiuto da un complice. Il movente è sempre lo stesso: mettere a tacere le storie di tradimenti che lo legavano a soldatesse da lui addestrate e che la mogiie avrebbe scoperto. Si parla anche di una sua decisione di divorziare, cosa che però non si sarebbe sentito di fare perché spaventato dalla prospettiva dei costi economici. Sono tutte documentazioni che gli inquirenti hanno ottenuto tramite itnercettazioni telefoniche o suoi messaggi trovati su Facebook rivolti all’amante.
L’uomo non è mai riuscito a dimostrare la sua presenza nel luogo dove la moglie sparì quel giorno mentre invece ci sono tracce ad esempio il metodo usato per ucciderla che farebbero pensare a lui nel luogo dove è stato trovato il cadavere.