Giacomo Poretti l’ho conosciuto alcune estati fa a Varigotti, a messa la domenica, sul molo della parte vecchia. Ci siamo poi rivisti a Gressoney e a Milano, quando fece un incontro pubblico con Luca Doninelli che a sua volta lo aveva conosciuto quando il Papa incontrò gli artisti. E lì, per rispondere alla domanda sul senso del suo mestiere, disse candidamente che il suo lavoro non si può definire esternamente, perché è una cosa che accade, tutto il meglio di noi è nell’atto della creazione come un pittore che pensa di spiegare un quadro e gli riesce sempre male, perché non sa che il quadro, nel momento in cui è stato colpito da altri occhi, già non gli appartiene. E poi Giacomo ha detto che “la risata che ti strappa un comico dev’essere un po’ come quando Dio ti prenderà in braccio e tu riderai. Cioè sarai felice”.
Ho voluto riprendere questo ricordo, dopo aver letto sulla prima pagina de La Stampa il suo intervento esilarante, semplice, davanti al neo Arcivescovo di Milano, Angelo Scola. Mi ha fatto pensare alla forza della semplicità, all’immediatezza, che in qualche modo ha a che fare anche con la cucina. Mi vien da ridere quando penso che da anni ci sono degli amici (conoscenti?) che vanno nel panico solo all’idea di invitarmi a cena (chissà cosa può pensare uno che di mestiere giudica i cibi e i vini?). Mi verrebbe da rispondere con quella frase di Pavese che diceva “Un solo documento ci interessa sempre e riesce nuovo: ciò che sapevamo fin da bambini”.
Io e Luca Doninelli siamo amici, di questo sono certo e la nostra amicizia è cominciata quando eravamo studenti squattrinati e alla sera, dopo il lavoro (per mantenerci), ci trovavamo in un appartamento del quartiere Feltre a mangiare l’insalata di champignon e la pasta panna e prosciutto. Oppure andavamo alla Battagliera, un bar di fronte al parco Lambro, dove il vino era di pessima fattura, ma l’ambiente di umanità varia era così intrigante che stavamo in silenzio ad ascoltare gli altri. Anche se non ci dicevamo nulla, uscivamo dalla porta nella nebbia fitta, pieni di gratitudine. E c’era un perché. Quest’anno Luca m’ha fatto un regalo: 12 libri imperdibili, commentati di suo pugno per il mio libro per la famiglia, Adesso: uno al mese. Per sdebitarmi mi ha però chiesto a sua volta un regalo: “Andare a cena insieme una sera”. Urca, non è mica difficile andare a cena, per uno che come me fa questo mestiere. 



Ho guardato l’elenco dei ristoranti che dovevo ancora provare per la mia GuidaCriticaGolosa e ho puntato al massimo, quello con la cucina più sontuosa. Però alla fine ci ho ripensato, gli ho telefonato e gli ho detto: “Ma tu non sei mai stato dal Monsignore?” “No”.  Il Monsignore è Gianni Borelli e questo soprannome glielo affibbiò Gianni Brera. La sua osteria si chiama L’Altra Isola, nei pressi di viale Jenner, ed è l’autentica osteria della cucina milanese, anche se oggi i suoi aiutanti sono orientali, ma hanno imparato a fare il risotto con l’ossubuco migliore di Milano. E la cassoeula? E i mondeghili? Quella sera c’eravamo solo noi e il Monsignore appena ci ha visti ha sorriso come un angelo. Non mi ha neanche fatto parlare: in tavola un salame crudo straordinario, la coppa piacentina e i mondeghili. E il vino? Il Barbacarlo di Maga Lino, il preferito di Giuan Brera, di Veronelli e anche di Marco Gatti e del sottoscritto.
Abbiamo ordinato il riso al salto e la cotoletta alla milanese rorida di burro, con le patate, prima di finire con lo zabaione. Il Monsignore s’è seduto insieme con noi. Che faccenda strana: io e Luca avevamo un sacco di cose da dirci, come quelle sere della Battagliera dopo una giornata di studio e di lavoro. Ma siamo stati in silenzio, a sentire quell’umanità parlante che aveva i suoni della cotoletta e i racconti di una vita del Monsignore. Poi siamo saliti in auto. Mentre accompagnavo  Luca a casa, ci ha messo un po’ prima di prendere la parola, era commosso: “Non poteva esserci una serata migliore: io, te e il Monsignore”. È così: il gusto, spesso, si annida sempre in una cosa semplice… che sapevamo fin da bambini.



MILANO
L’Altra Isola
via Edoardo Porro, 8/b
tel. 0260830205
trattoria
Chiuso: sabato a pranzo e domenica
Ferie: variabili in agosto
Prezzo: euro 50
Voto: Corona

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