Anna Bonini, speleologa di 36 anni, è bloccata da ieri sera a circa 300 metri di profondità nella grotta chiamata “Òmber en banda al Bus del Zel”, sull’altopiano di Cariadeghe, nel Bresciano. La donna è assistita da numerosi soccorritori e non è in pericolo di vita, ma i tempi per farle nuovamente vedere la luce sono molto lunghi: infatti la speleologa presenta una frattura ad una gamba che inevitabilmente la rallenta nei movimenti ma le prime squadre di soccorso che la hanno raggiunta nella grotta, dopo averla stabilizzata su di una barella, l’hanno per adesso fatta risalire di una cinquantina di metri, in una cavità dove non  c’è presenza di acqua. I soccorritori hanno poi calcolato che per risalire i duecentocinquanta metri mancanti serviranno altre 20 ore, con una media di dieci ore ogni 100 metri, quindi per la donna è prevista un’altra notte all’interno della grotta. Il soccorso è coordinato dal IX Gruppo Speleologico lombardo con il contributo della V Delegazione bresciana, e le operazioni risultano così lente perché otto dei circa settanta soccorritori devono passarsi di mano in mano la barella attraverso gli stretti cunicoli della grotta. Mentre questo percorso veniva ideato da esperti speleologi, La donna intrappolata ha potuto concedersi qualche ora di sonno in una piccola tenda che i soccorritori hanno allestito per lei. Oltre a volontari, tecnici della delegazione lombarda e veneta del Soccorso alpino, medici e infermieri, stanno assistendo la donna anche squadre di fochini abilitati che, attraverso l’uso di micro cariche esplosive, stanno tentando di allargare la grotta dove risulta troppo stretta per permettere alla barella di passare. Il medico che ha visitato Anna Bonini, Mario Milani dell’ospedale di Lecco, ha fatto sapere che le prime parole che la donna gli ha rivolto sono state di scuse: «Chiedo scusa, ringrazio tutti, ma voglio davvero scusarmi per il lavoro che sto causando», avrebbe detto la Bonini. Il medico ha comunque tranquillizzato tutti dicendo di averla trovata «di ottimo umore, piena di grinta.



L’abbiamo sedata, medicata, tranquillizzata ma non ha avuto bisogno di altro».

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