La mia prima cassoeula la mangiai da Baffo, mio compagno di università che ci invitò a casa sua una sera, con i suoi genitori. Bevemmo Bonarda. Poi ho il ricordo delle cassoeule “breriane”, abbinate al Barbacarlo di Maga Lino, che almeno una volta l’anno, con Marco Gatti, si va a mangiare dal Monsignore all’Altra Isola a Milano. Una cassoeula storica fu quella che Ezio Santin cucinò, su mio invito, nell’autunno del 1994. Lo ricordo come se fosse adesso: avevamo organizzato una serata a Vignale Monferrato, una delle prime iniziative del nascente Club di Papillon, e quella si chiamava il “rito della cassoeula”. Solo che alla vigilia dell’evento arrivò l’alluvione e fu una tragedia. Telefonai a Santin, sapendo che fra l’altro lo avrei volentieri liberato da un peso, visto che l’Antica Osteria del Ponte di Cassinetta di Lugagnano il sabato sera andava forte, e lui mi disse: “No, quella cena la dobbiamo fare, perché la gente che ha perso tutto ha bisogno di un luogo da cui ripartire”. Rimasi basito da questa generosità e anche da questa intuizione, che mi ha accompagnato per sempre, facendomi capire cosa stavo facendo con quella cosa che si chiamava Papillon e che stava diventando anche d’altri. Come un luogo appunto. Oggi, dopo 17 anni, ho chiesto a Ezio di ripetere quella cassoeula e di farlo per un amico speciale: Padre Aldo Trento, col quale c’è più di un’affinità che ci lega, ancor più dopo aver letto il suo libro Dio e il lavandino che ripercorre alcune delle note che perseguiamo da cinque anni su Adesso. E lui, Ezio, ieri sera è venuto al ristorante Unico di Milano col magnifico Fabio Baldassarre, che ha collaborato volentieri avendo con sé un maestro della cucina italiana. La gente (130 persone) ha provato il piacere di un piatto d’autore abbinato al Barbacarlo (un quadro, come un piatto, hanno il pregio di fare dei racconti e spesso sono diverse dalle croste improvvisate da qualche catering da strapazzo). La cassoeula è un piatto delle nebbie d’autunno, un desco di amicizia, che Giuan Brera conosceva bene, quando si recava a fare la pacciada. È un piatto ricco e povero nel medesimo tempo, ammantato dall’afrore della verza e dal calore delle carni di maiale. È uno spettacolo. Ma soprattutto è un’occasione per vivere quel gesto di partecipazione alla vita che è mangiare e bere insieme la medesima cosa. Per invogliarvi a farlo, vi do la ricetta pubblicata su Adesso (sulla app Il Golosario Ricette) e un video che segna i passaggi per fare la cassoeula. Buona pacciada: la mia con Padre Aldo, è stata memorabile!
Piatto unico
Ingredienti per 4 persone:
• 200 g di cotenne
• 2 codini
• 1 orecchio
• 1 piedino tagliato a metà nel senso della lunghezza
• 4 costine (puntine)
• 4 costolette piccole
• 4 verzini (piccoli cotechini così denominati perché tradizionalmente si cucinano con le verze)
• 200 g di luganega
• 1 verza di 1,5-1,8 kg, sfogliata, lavata e fatta a pezzi con le mani
• 2 cipolle medie
• 2 carote
• 2 costole di sedano
• 1 cucchiaio colmo di concentrato di pomodoro (facoltativo)
• 1 bicchiere di vino bianco
• 1 foglia di alloro
• 40 g di burro
• sale, pepe, noce moscata
Pulite il piedino, l’orecchio, i codini e le cotenne e ponete tutto in una pentola; coprite con abbondante acqua, salate, portate a ebollizione e cuocete per circa un’ora. In una pentola a parte, sbollentate per 10 minuti i verzini dopo averli bucherellati con un ago per fare fuoriuscire il grasso. Scolate i diversi ingredienti ed eliminate l’acqua.
In un largo tegame pesante, fate appassire nel burro le cipolle tritate, unite l’alloro, le carote affettate e il sedano tagliato a pezzetti; fate rosolare per qualche istante e aggiungete il piedino, l’orecchio, i codini e le cotenne, tutto tagliato a pezzi.
Mescolate per alcuni istanti in modo da fare rosolare un poco gli ingredienti, poi unite le puntine e le costolette, fatele rosolare, salate, pepate, irrorate con il vino bianco, fate evaporare e versate il concentrato di pomodoro diluito in mezzo bicchiere di acqua. Mettete il coperchio e proseguite la cottura a fiamma bassissima per circa un’ora, mescolando di tanto in tanto e versando un poco di acqua o brodo durante la cottura.
Unite la verza alle carni in cottura. Aggiungete anche la luganega e i verzini, profumate con alcune grattate di noce moscata, coprite e cuocete per quasi un’ora se preferite che la verza tenda a disfarsi.
A cottura ultimata la carne dovrà tendere a staccarsi dagli ossi, le cotenne dovranno essere ben morbide e il fondo di cottura sciropposo. Servite con polenta.
https://www.youtube.com/watch?v=w2npkzQg0zM&feature=youtu.be