Quando don Luigi Giussani evocò con una bellissima immagine la Giornata della Colletta alimentare, “lo spettacolo della carità”, l’ultimo sabato di novembre era già una realtà, un’evidenza sotto gli occhi di milioni di italiani. Ma “lo spettacolo della carità” consegnava a chi aveva voglia di guardare e ragionare qualche cosa in più. Davanti ai moderni centri di distribuzione, a questi nuovi “templi” del consumo di massa della società postindustriale, della società della comunicazione globale, si rinnovava perfettamente il gesto antico, bimilennario, della tradizione cattolica e italiana della carità.
Il semplice atto di donare del cibo a una persona che ha bisogno. Un’esperienza senza tempo, che sta nel fondo del cuore degli uomini e che fa dimenticare qualsiasi crisi economica, qualsiasi tipo di contrarietà si debba affrontare nella vita quotidiana. Ad esempio, questa mattina, un operaio Fiat ha partecipato come volontario alla Colletta davanti a un supermercato («Non so se l’anno prossimo potrò ancora farlo – ha esclamato -, ma voi del Banco non mollate perché mi date speranza»).
Oggi la Giornata della Colletta alimentare è quasi una “festa comandata”, messa in calendario e stabilita da nessuno, ma emersa dalla riscoperta di uomini e donne che non dimenticano le loro radici.
Sembra quasi impossibile che, con il passare degli anni, di fronte all’avidità, alla cecità di un’umanità che si avvita ringhiosamente in una crisi mondiale finanziaria ed economica, ci sia chi da giorni organizza logisticamente davanti ai grandi supermercati, senza alcun tormaconto personale, una raccolta di cibo, per un’intera giornata, con lo scopo di aiutare quelli che devono fare i conti con l’esigenza primaria della fame.
Sembra quasi impossibile che la commozione che, prima o poi, prende tutti e spinge ad aiutare un altro uomo, un’altra donna, un bambino, un anziano che ha bisogno, sia il segno e il seme di una civiltà possibile, reale, a portata di mano.
E’ un fatto quasi grottesco paragonare questo semplice e grandioso gesto, questo dono, alle contorsioni di cui parliamo sempre in questi mesi, monotamente e quasi noiosamente, riferendoci a termini come spread, derivati, debiti sovrani, speculazioni finanziarie, titoli tossici.
E diventa quasi risibile la storia accidentata, difficile, complicata di chi ha costruito all’inizio degli anni Novanta prima la realtà del Banco Alimentare, poi la Giornata della Colletta, poi altre forme ancora più sofisticate di aiuto ai poveri, con una spontaneità e una fantasia che solo un popolo, legato da un grande ideale, può mettere in pratica.
Quando Danilo Fossati, il grande patron della Star, fondò insieme a don Giussani il Banco Alimentare per raccogliere le eccedenze dell’industria agroalimentre e donarle alle famiglie povere italiane, si trovò di fronte a norme burocratiche e amministrative irritanti, fastidiose, profondamente ottuse. La “grande esperienza” dell’organizzazione statale era riuscita a creare uno dei paradossi storici più incredibili: la fatica di fare la carità. Accanto a questi assurdi “paletti”, o meglio di “muraglie” create da un apparato statuale quasi “rimbambito”, c’erano gli scettici storici, quelli che sostenevano che “non si risolveva alcun problema” e che “l’iniziativa non avrebbe avuto successo”.
Ci sono voluti anni perché studiosi, economisti, finanzieri si accorgessero e confermassero che la struttura della raccolta di cibo eccedente dalla produzione, di cibo non acquistato, ma ancora eccellente, nei grandi centri di distribuzione, di cibo non consumato nelle mense della cosiddetta città terziaria e postindustriale, era un meccanismo funzionale, razionale, con una logica economica di prim’ordine e nello stesso tempo con una forza di coesione sociale quasi dimenticata.
Il semplice dono, quello che non nasce da un algoritmo di supertecnici, era alla fine più economicamente razionale e funzionale. Non si vogliono rammentare queste cose per dire “qualcuno aveva ragione”, ma solo per invitare le persone a provare, a fare l’esperienza di un gesto di carità che hanno nel cuore, nel loro dna di uomini, ma che magari hanno dimenticato per il contesto sociale in cui si vive.
L’appuntamento della Giornata della Colletta alimentare è innazitutto un appuntamento con il prossimo, con chi ti sta accanto anche se non conosci. E’ un appuntamento con la vita. Sfilando a volte davanti a questi supermercati nell’ultimo sabato di novembre, puoi vedere le persone più differenti, appartenenti ai più diversi ceti sociali. C’è chi raccoglie e organizza, chi ti informa sulla destinazione di quel gesto. C’è chi dona togliendo qualche cosa dal suo shopper, c’è chi risparmia per donare e c’è che si organizza per quella giornata di dono.
Senza togliere nulla ai grandi exploits televisivi, è proprio questo ultimo sabato di novembre il più grande spettacolo del mondo. Ma non è indimenticabile solo il gesto che si fa, anche nella sua estrema semplicità. E’ indimenticabile come dal dono che hai fatto ritrovi te stesso, la tua natura umana, la tua appartenenza a una comunità. C’è la crisi, la contrazione dei consumi, il crollo dell’export. Ognuno che partecipa alla Colletta sa, qualunque sia il risultato finale della raccolta, che il gesto compiuto è un grande successo. Un successo umano, un successo realizzato da uomini per altri uomini. La semplice, grandiosa, storia della Colletta è semplicemente la storia di questo successo.