“Sì ho commesso io l’omicidio. Adesso posso andare a casa?”. Ha dei contorni incredibili la vicenda che vede protagonista Vittoria Orlandi, una donna di 28 anni che ha sgozzato la moglie del suo amante, una signora di 58 anni, Patrizia Reguzzelli. Gelosia, per via dell’uomo che la Orlandi non poteva avere completamente, l’ha condotta a uccidere con un coltello da cucina quella che per lei era una rivale. E’ successo alle porte di Milano, a Pioltello. Vittoria Orlandi aveva una relazione con il marito della donna uccisa. Qualche sera fa, ha chiesto alla Reguzzelli di incontrarla: era stanca di dividere il suo uomo con lei. Si sono trovate nella sua macchina in campagna, hanno discusso animatamente, poi la Orlandi ha estratto il coltello che aveva portato con sé da casa e l’ha uccisa. Il fatto che si fosse portata un’arma da casa ha indotto gli inquirenti a icnriminarla poi per omicidio premeditato. Quindi ha scaricato il corpo a terra e se n’è andata. Il corpo è stato ritrovato il giorno dopo da un camionista e gli inquirenti sono arrivati facilmente alla giovane donna che ha confessato immediatamente. Poi ha detto loro: “Sono stanca, adesso posso andare a casa?”. Per il professor Meluzzi, intervistato da IlSussidiairo.net, “non è strano che sia la amante a uccidere la moglie e non viceversa. Ci sono numerosi esempi in criminologia di questo. Quando due donne di età diversa si contendono una legittimamente l’altra no l’oggetto del proprio desiderio gli esiti possono essere imprevedibile come in questo caso. Il problema piuttosto è un altro”.



Professor Meluzzi, dove è la stranezza di questo caso?

La singolarità di questo caso sta nel fatto che abbiamo una giovane donna, apparentemente razionale, apparentemente  ben inserita, apparentemente equilibrata, solida socialmente che arriva a distruggere la vita di un altro. Distruggere l’altro e se stessa con un atteggiamento infantile tanto da dire posso andarmene a casa.



Come mai questa frase?

E’ come una dimensione psicotica quella in cui abita la persona, come se la realtà, la vita, la morte e l’orrore e anche la protezione della vita che è l’obbiettivo di un medico – non dimentichiamo che questa donna era un medico, un laureando in neuro chirurgia attività che permette di entrare nel cervello dell’altro per guarirlo – non esistessero per nulla. Ciò dimostra che questa sindrome dell’eterna adolescenza con le sue irresponsabilità possa diventare ferocia omicida.

Riepiloghiamo il caso. Una donna giovane che ha una relazione con un uomo più anziano di lei e sposato.



Una storia sulla carta consueta, uomini che inseguono una impossibile giovinezza attraverso una passione fugace con risvolti talvolta tragicamente imprevedibili è realtà assai diffusa. Così come la ricerca di uomini maturi da parte di donne giovani.

Una realtà che riaccade frequentemente in questi tempi moderni.

Viviamo in una epoca in cui la maturità maschile, un certo modello di virilità, una certa dimensione di incontro tra diversi, viene ricercata sempre più frequentemente. Siamo alla perdita di quella maschilità e femminilità che complementandosi costituiscono la base dell’incontro fra uomo e donna e quindi la più straordinaria metafora del divino sula terra. Non a caso Dio ha scelto la sponsalità come modello del rapporto  fra se e la propria comunità umana che è la Chiesa. Quindi la sponsalità è la perfezione.

Una sponsalità che sembra perduta.

La fragilità di questo rapporto fra maschile e femminile è uno dei segni più gravi anzi direi il più grave della crisi antropologica del nostro tempo. Giovani donne che cercano uomini maturi è la conseguenza di questo fatto, ma attenzione perché in realtà non trovano uomini maturi, ma solo dei coetanei “vecchi”, fragili, irresponsabili, immaturi. E’ il portato della nevrosi dei rapporti tra maschile e femminile del nostro tempo.

Infine colpisce che questa donna dopo aver confessato l’omicidio chieda di andarsene tranquillamente a casa. Come se la morte fosse stata immediatamente rimossa.

Già, ciò è quasi espressione di una scissione diabolica. Le mie parole possono sembrare di  tono mistico, ma attenzione perché la parola diavolo discende dalla parola greca che vuol dire dividere. E’ qualcosa che si è insinuato nelle coscienze e si dimostra in modo palese in casi di criminalità soprattutto nel mondo giovanile, nel mondo delle droghe, nel mondo sessuale. In alcuni casi ciò si manifesta tangibilmente con dei segni evidenti come certe musiche o le sette, altre volte è come se si aprisse una lacerazione della coscienza in cui si insinua un male morale, ma anche un male spirituale. Una giovane donna che possa arrivare  a uccidere e a dimenticare immediatamente il gesto compiuto assomiglia a casi di omicidi di bambini fatti dalle madri o omicidi di gruppo di adolescenti: c’è un marchio satanico. Mi prendo la responsabilità di questa definizione.