Il “pacco bomba”, che arriva per posta a un’agenzia di Equitalia, a Roma, e che ferisce gravemente una mano del direttore generale Marco Cuccagna, è un fatto criminale e da condannare nel modo più deciso, senza alcuna giustificazione. Detto questo, si può aggiungere che l’episodio rappresenta un segnale, una svolta inquietante nel clima di contestazione che sta attraversando il mondo intero contro i “segni” economici e finanziari, sia quelli dello Stato sia quelli privati in un momento come questo di gravissima crisi e incertezza.



Si stanno facendo paragoni con il pacco inviato al presidente di Deutsche Bank, Josef Ackermann, rivendicato da una “Federazione anarchica”. E, secondo le prime notizie che trapelano dalla Questura di Roma, si parla di anarchici insurrezionalisti anche nel caso dell’agenzia di Equitalia. C’è chi dice che i due “obiettivi” sono stati scelti da una stessa matrice politica.



Ma il punto vero è che, sia che si tratti di azioni programmate da un gruppo estremista e terrorista, sia che si tratti dell’azione di una singola persona, l’obiettivo è in linea con la nuova ondata di proteste che si stanno sviluppando in tutto il mondo. In altri termini cavalca una protesta che ha già delle basi popolari. È questo l’aspetto più inquietante.

Attenzione, nessuno vuole fare di tutta l’erba un fascio. Sarebbe solo demenziale mettere sullo stesso piano un movimento come  quello degli “indignados”, o “Occupy Wall Street”, o quello di altre organizzazioni che promuovono manifestazioni legittime e pacifiche, con l’azione criminale  che è stata fatta, vigliaccamente, sia in Germania che a Roma. Quello che impressiona è che ormai sono i simboli del nuovo potere finanziario ed economico, statale e privato, a essere al centro di un embrione, al momento, di rivolta sociale transnazionale.



C’è da fare una considerazione ulteriore. Le notizie ormai, con la presenza della “rete”, vengono commentate all’istante da un impressionante numero di persone. E questi commenti, che si possono facilmente leggere, su internet offrono una spaccato preoccupante. Nove commenti su dieci sono addirittura favorevoli all’azione criminale messa in atto dal gruppo che si definisce anarchico. Qui bisognerebbe essere degli statistici raffinati per stabilire la portata reale di questo appoggio che viene dichiarato attraverso la “rete”.

Il problema che si pone in casi come questi è da un lato di carattere poliziesco. Non è possibile che un presidente di grande banca, oppure un funzionario di Equitalia debbano essere esposti di fronte a simili fatti criminali. Questo non esclude tuttavia di considerare politicamente questa vicenda per non mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. È vero che c’è una confusione di comunicazione e una scarsa informazione sulla crisi economica e finanziaria che confonde l’opinione pubblica e crea luoghi comuni, schematismi e imprecisate richieste di giustizia sommaria. C’è da prendere atto, proprio in questi tempi, di un disagio sociale sempre più profondo che va spiegato nella sua completezza, che va analizzato. Un tempo questo era un compito dei partiti politici. Oggi si incede piuttosto a ricorrere a codici etici, doveri morali che per una “testa matta” o per una “testa disperata” non servono a nulla.

Al black bloc o all’anarchico insurrezionalista la predica morale non fa nessun effetto. L’unica risposta seria, di fronte alla violenza nichilista, è l’isolamento, l’assenza di qualsiasi solidarietà sul terreno della violenza. In altri termini, anche chi condivide parte della posizione politica di un estremista violento, deve ribadire, senza mezzi termini, che vuole raggiungere alcuni obiettivi con mezzi pacifici e tradizionalmente politici.

Durante gli “anni di piombo” italiani fu la tenuta complessiva dei partiti politici e anche l’autocritica di alcune posizioni sindacali, che sconfissero alla fine il terrorismo. Non fu solo l’Arma dei Carabinieri guidata dal generale Dalla Chiesa.

Il problema principale, in una situazione come quella in cui stiamo vivendo, è proprio quella di tagliare qualsiasi “terreno di cultura” al mondo della violenza radicale. Questo compito spetta anche al potere politico e alle sue “braccia” finanziarie ed economiche. In una società complessa come la nostra, l’esempio di reale equità e di reale giustizia sociale, di non oppressione burocratica, diventa più che necessaria. Diventa indispensabile. Così come diventa indispensabile la capacità politica di saper cogliere che cosa la maggioranza di una società si aspetta di comprendere e di avere.