Un caso ancora non del tutto chiarito, quello che ha visto alcuni residenti del quartiere Vallette di Torino incendiare un campo rom. Una aggressione scaturita come vendetta di un episodio che in realtà non è mai esistito. Una ragazza di 15 anni, infatti, aveva denunciato di essere stata violentata da alcune persone identificate in modo vago come “zingari”. Ipotesi sostenuta in modo più marcato dal fratello della ragazzina, sembra, e comunque di comune accordo dopo che la ragazza aveva fatto sapere di aver avuto un rapporto sessuale. Quando la notizia fa il giro delle case del quartiere, si raduna una folla di persone che dopo una manifestazione pacifica si reca nel vicino campo zingari, lo attacca, tenta di incendiarlo. Davanti a questa violenza, i due fratelli capiscono di aver scatenato qualcosa di troppo grosso e dicono la verità: fermatevi, abbiamo mentito. La dinamica, dicevamo, non è chiara: si è detto che in realtà la ragazzina avesse avuto un rapporto con il fidanzato, ma neanche questa sarebbe la verità. Tra i responsabili della violenza si indaga tra alcuni gruppi di tifosi juventini. IlSussidiario.net ha chiesto al professor Alessandro Meluzzi di spiegare quale meccanismo psicologico abbia indotto la ragazza e il fratello ad accusare degli innocenti: “Quando si verifica un episodio traumatico, la reazione del soggetto colpito è di due tipi, depressivo o isterico”. Secondo Meluzzi, “la ragazza si è trovata nella seconda delle ipotesi e si è espressa individuando il colpevole tra coloro che sono normalmente oggetto di stigma, come gli zingari,ma non solo”.
Ci spieghi il meccanismo che induce una persona ad accusare degli innocenti.L’episodio che vede coinvolta la ragazza non è stato ricostruito ancora in tutti i suoi passaggi. Pare che la ragazza non avesse avuto un rapporto consensuale con il fidanzato come detto. Non si sa invece con chi l’abbia avuto, certamente si aggirava in condizioni disagiate, perdite di sangue e seminuda. Qualcosa di traumatico deve essere avvenuto, quindi come succede in casi di psicologie labili, l’evento traumatico tende a indurre una reazione di tipi depressivo o di tipo isterico, in questo caso di tipo isterico.
Il che porta a costruire accuse infondate?
Si tratta di una affermazione narcisistica ed esibizionistica di un colpevole di solito indagato tra coloro che sono oggetti di stigma, che sono sempre gli altri. Può essere lo zingaro, lo straniero, il matto, l’assassino seriale. Quindi la ricerca del colpevole viene indirizzata verso coloro che sono oggetto di stigma, coloro cioè che di solito rientrano nell’immaginario popolare più semplice e più istintivo.
E invece la folla che si scaglia contro i possibili colpevoli, in una sorta di giustizialismo improvvisato? Cosa scatena questo atteggiamento?
In questo caso l’indicazione dello zingaro è anche un risultato dello stigma di coloro che hanno ricevuto il messaggio. La ragazza infatti se non vado errato non ha detto gli zingari di quel campo nomadi mi hanno aggredito, ma ha detto che erano persone che non parlavano italiano, puzzavano e sembrava zingari. Quindi ha usato l’accezione zingari non nel termine di sostantivo determinativo ma di sostantivo indeterminato, l’ha usato un po’ come nel termine di aggettivo, come dire nomade, qualcosa che sta nel suo immaginario.
Un immaginario che però scatena la violenza senza un minimo di indagine su cosa sia veramente successo.
Quello che è avvenuto è una sintesi di tante tribalizzazioni possibili. Teniamo conto che la globalizzazione tra i suoi effetti ha quello di produrre una tribalizzazione tra le situazioni più emarginate. Da una parte c’è la globalizzazione, dall’altra le varie realtà locali soprattutto quelle più marginali come la realtà del quartiere Vallette di Torino che fino a qualche tempo fa era a loro volta una tribù.
Una guerra fra poveri?
Esattamente. Si reagisce con l’aggressione quindi determinando la classica guerra fra poveri, gli emarginati delle case popolari delle Vallette che la domenica fanno gli ultras, le tifoserie armate dello stadio, si trasformano nei giustizieri della notte di una ragazza del loro clan che è stata aggredita. Siamo nel contesto di classica tribalizzazione, uno scontro tribale fra poveri.
Si può incolpare la ragazza di essere responsabile, deve in qualche modo rimediare alla situazione?
La ragazza è stata comunque vittima di qualcosa di traumatico, che ha scatenato una reazione psicologica, ha agito in condizioni di grande labilità mentale. Quelli che sono andati a incendiare il campo zingari sono invece dei poveri loro stessi. L’unica cosa che adesso non vorrei accadesse è di trovare dei soloni che dalle loro ville in collina dietro ai loro cancelli si ergono a giudici di questa guerra fra poveri.