Twitter, Facebook, blog, siti internet e via dicendo: secondo alcuni, tra cui il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio per la Cultura del Vaticano (in pratica, il ministro della Cultura della Santa Sede), tutti i nuovi strumenti della rete rappresentano, oggi, una tra le modalità decisive di comunicare l’annuncio cristiano. La fede, attraverso il web. Il vaticanista Sandro Magister, interpellato da ilSussidiario.net, ci dice la sua sull’utilità delle nuove tecnologie. «Va da sé – spiega – che l’utilizzo di questi strumenti è utile. Ma la Chiesa è fatta da più di un miliardo di persone. E, ovviamente, in questa miriade sterminata, vi è una possibilità infinita di possibilità comunicative. Da ciascuna delle quali la Chiesa non ha motivo di doversi estraniare». Alcuni parlano dei rischi impliciti nell’utilizzo di internet. Dove, ad esempio «è facile che una frase, seppur minima, abbia la forza di un’offesa», dice Gianfranco Ravasi. «Certo, l’eventualità esiste» spiega Magister. «Ma ad ogni mezzo di comunicazione sono connaturati rischi e vantaggi di varia natura. Dalla consapevolezza dei quali, come è logico che sia, discende il corretto approccio. Come per qualunque altra cosa, in sostanza, tutto dipende dall’utilizzo che ciascuno dei suoi membri fa di tali strumenti». In ogni caso, non è detto che la Chiesa, su questo fronte, abbia necessità di adeguarsi ai tempi. «Mi sembra che l’utilizzo del web da parte sua sia già sufficientemente ampio e variegato».
E, ovviamente, tarato sul contesto di riferimento. «Non mi sembrerebbe naturale, ad esempio, l’utilizzo di Twitter da parte della Santa Sede. Il sito del Vaticano, per gli obiettivi che intende raggiungere, mi sembra molto più efficace». Nell’esplicitare quali siano questi obiettivi, Magister spiega: «La chiesa ha un fortissimo interesse ad intervenire nell’ambito dello spazio pubblico, e nel proporre al mondo il proprio giudizio sugli avvenimenti della vita sociale che le competono. Da questo punto di vista, il web è una modalità con la quale raggiungere più persone possibili. Come del resto, quando fu inventata, lo era la stampa, della quale iniziò sin da subito ad avvalersi».
Ma il fine della Chiesa non è certo esclusivamente sociale. «Infatti – continua Magister – è la sua stessa vocazione evangelizzatrice che la porta a intervenire nella sfera pubblica. Questa è la sostanza della sua missione. Tutti gli altri temi sono collaterali a tale missione. In tal senso, tutto concorre a rendere esplicito il messaggio cristiano. Dal web alla parola scritta, dal canto all’apparire in pubblico».