La notizia è di quelle agghiaccianti, che ti tolgono il respiro. Un imprenditore edile padovano, Giovanni Schiavon, si è tolto la vita in un momento di disperazione. Ha lasciato un biglietto alla famiglia: “Perdonatemi, non ce la faccio”. Le condizioni finanziarie della sua azienda erano diventate sempre più problematiche. Schiavon era sommerso di debiti, ma vantava crediti per 200mila euro. Ha fatto di tutto per recuperare quei soldi e tentare un rilancio della sua impresa. Non ce l’ha fatta e si è tolto la vita. La cronaca documenta che, in un mese, questo è il secondo “suicidio da crisi”, se così lo si vuole chiamare. Ma Giuseppe Bortolussi, presidente della famosa CGIA (Confederazione generale dell’artigianato italiano) di Mestre, fornisce dati più tragici e più dettagliati.
Ce ne sono già stati già altri di suicidi di questo tipo e per queste ragioni, Bortolussi ?
Posso farle un calcolo approssimativo, tenendo presente che poi molti casi sono diversi e determinati da altre cause. Ma se restiamo a questo tipo di casistica, cioè all’artigiano, al piccolo imprenditore che si toglie la vita perché non ce la fa più a mandare avanti la sua azienda, siamo intorno a una ventina nel giro di tre anni. Vale dire a partire dallo scoppio della crisi nel 2009. Vivono gli ultimi giorni della loro vita in uno stato di solitudine devastante, circondati da pregiudizi, prima ancora che dalle difficoltà del momento che viviamo.
Scusi Bortolussi, in che senso pregiudizi ?
Mi creda, in questo Paese non esiste una cultura di impresa, non si capiscono le difficoltà che si devono affrontare impiantando una piccola azienda e confrontandosi con il mercato. Alla fine ti senti solo con tutte le difficoltà che hai davanti: la lotta con le banche, i confronti con i sindacati. Sei solo in questa battaglia e vieni pure apostrofato come “padrone” e spesse volte, a casaccio, come un “evasore”. Mi ha impressionato il suicidio di un piccolo imprenditore vicentino qualche tempo fa. In estrema difficoltà, prima ha pagato tutto quello che doveva pagare, poi si è tolto la vita. Gli avevano strappato ogni speranza.
Voi, nel Nord Est, avete una grande realtà di artigianato e di piccole imprese, la vostra economia è caratterizzata proprio da questa ricca e numerosa imprenditorialità diffusa sul territorio.
Esattamente. Il 98 per cento delle imprese ha meno di venti dipendenti, il 95 percento ne ha meno di 10. Faccia conto che il 50 percento di questi piccoli imprenditori sono ex operai, molto bravi e molto specializzati in diversi settori produttivi, che a un certo punto si mettono in proprio e rischiano. Ma sono circondati da un clima culturale carico di pregiudizi, dall’assenza totale di uno stimolo culturale verso l’impresa. Non esagero a dire che, a volte, si sentono quasi dei diversi.
Spesso, si dice che nel vostro settore si annidi l’evasione fiscale.
E questo non è solo un luogo comune, ma un autentico scandalo. Cifre alla mano, l’ottanta per cento degli artigiani, secondo gli studi di settore, paga le tasse, è congruo, come si dice in burocratese. Ma tenga presente un altro fatto: il 65 percento dei nuovi posti di lavoro che si creano ogni anno viene da questo settore.
E oggi artigiani e piccoli imprenditori devono fare i conti con una crisi senza fine. In che modo la affrontano ?
Sono in grande difficoltà. In questo settore di piccoli imprenditori e di artigiani, c’è meno forza strutturale e quindi si è esposti maggiormente alla crisi. Gli artigiani, in questo momento, rischiano molto più delle imprese medio-grandi. C’è addirittura chi ci imputa di essere piccoli. Ma scusi, se la grande industria qui non c’è, di chi è la colpa? Degli artigiani e dei piccoli imprenditori ? Siamo quasi nel mondo dell’assurdo.
Le “battaglie quotidiane” sono talmente dure per questo settore ?
Sono durissime. Le posso fare un elenco breve, sintetico. In questo paese si paga il 40 percento di energia in più che negli altri paesi europei; i trasporti costano di più, intorno al 10-15 percento; i tempi della giustizia sono biblici; c’è un deficit infrastrutturale impressionante; c’è una continua e sempre più grave difficoltà di accesso al credito; è il paese dove si viene pagati con i tempi più lunghi. E per finire, la pubblica amministrazione ha bloccato pagamenti per 70 miliardi di euro. Per quanto riguarda l’accesso al credito, mi lasci insistere su questo punto, l’11 percento ha affidamenti pari al 78 percento. Quindi l’89 percento deve rifugiarsi nel 22 percento restante. E’ per questa ragione, anzi per tutte queste ragioni, che io mi sono permesso di definire “piccoli eroi quotidiani” i piccoli imprenditori e gli artigiani veneti e italiani.
Di fronte a questa situazione come giudicate la manovra varata dal nuovo governo di Mario Monti ?
E’ sicuramente recessiva, per il carico fiscale che porta. Ci sono anche spiragli guardando a quei dieci miliardi che abbassano l’Irap e fanno slittare alcuni acconti. Ma il problema complessivo è che per questo settore, si capisce che questa manovra non basterà. Se si chiude l’accesso al credito e non c’è liquidità, non si va da nessuna parte.
(Gianluigi Da Rold)