Finalmente, una decisiva svolta nelle indagini porterà, molto probabilmente, a identificare con chiarezza le cause della morte di Stefano Federico, giovane 32enne di Capri trovato morto il 16 gennaio scorso presso l’area doganale del porto di Napoli. Quattro addetti alla sicurezza dell’area sono stati arrestati e portati in carcere con l’accusa di concorso in omicidio preterintenzionale aggravato. Secondo gli inquirenti, il giovane sarebbe morto in seguito ad un «incredibile pestaggio, una azione violenta di gravità e viltà disarmanti».La disposizione del provvedimento cautelare, emesso da Gip di Napoli su richiesta dei Pd, è giunta in seguito alla presa visione delle telecamere del circuito di sorveglianza. C’è, inoltre, un testimone, un operatore marittimo. Inizialmente, la morte del 32enne era stata imputata a cause naturali, ad un malore. Tuttavia, i familiari non hanno mai accettato questa spiegazione, ed hanno chiesto con insistenza che si facesse luce sul caso. Hanno ritenuto per tutto questo tempo la prima versione priva di attendibilità e con l’ausilio del penalista Fabio Greco, incaricato di seguire la vicenda, hanno chiesto di continuare a ricercare la verità. Dalle ricostruzione effettuata grazie alla tenacia dei poliziotti della Frontiera marittima, guidati da Cambria, ecco come sono andate le cose: Federico, si era ritrovato, non si sa per quale motivo, nell’area no limits. Sorpreso dai vigilantes aveva iniziato a fuggire. Si mise a correre verso il porticciolo sul quale si sarebbe dovuto imbarcare per Capri, rendendosi conto, probabilmente, che si era trovato nel posto sbagliato. I quattro lo hanno rincorso per qualche centinaio di metri. Una volta raggiunto, lo hanno iniziato a prendere a calci e pugni. Senza neanche chiedergli spiegazione del perché si trovasse all’interno del terminale. Anche questo, emerge dai filmati di sorveglianza. Per lui la morte fu subito immediata. L’inchiesta era destinata in un primo momento ad essere archiviata. Intanto, a Capri, dove il giovane è nato e vissuto, c’è sconcerto per la notizia. 



Il fratello della vittima, Marco Federico, avvocato, spiega: «Non appena la linea giudiziaria avrà risvolti più definitivi ci costituiremo parte civile nel processo».Il giovane ucciso era appassionato di cultura orientale e, nello specifico, del Giappone. Il 16 gennaio avrebbe dovuto viaggiare da Napoli e Capri per una lezione di Aikido, arte marziale che praticava assieme ad altri conterranei. 

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