E’ morto Giorgio Bocca (nato 28 agosto 1920 – morto 25 dicembre 9011). La notizia della morte arriva dopo un acutizzarsi della malattia che lo ha falciato, velocemente, nel tardo pomeriggio di oggi, il giorno di Natale, lasciando un vuoto nel giornalismo italiano di sinistra. L’annuncio della morte di Giorgio Bocca è arrivato ad opera della casa editrice con cui ha pubblicato negli ultimi anni, la Feltrinelli, che ne ha dato l’annuncio con una nota poco prima delle 18. Cronista di inchiesta e figura di spicco del giornalismo laico, Giorgio Bocca ha da sempre coltivato la passione per il giornalismo, fin dalla più tenera età. Il premio Ilaria Alpi alla carriera è stato solo l’ultimo dei tanti riconoscimenti, mentre la sua rubrica sul settimanale L’Espresso, l’Antitaliano è uno dei column più celebri del giornalismo nostrano. Anche a Repubblica era di casa, avendo contribuito a fondare il giornale di Scalfari nel 1976, e i suoi lunghi articoli hanno sempre caratterizzato il giornale oggi diretto da Ezio Mauro. Bocca raccontò l’Italia che vedeva e viveva, attraverso libri e inchieste in cui l’occhio del cronista si fondeva spesso con una passione di vita vissuta e coinvolta in prima persona. Basti pensare all’esperienza passata in epoca fascista. Dopo l’armistizio fu tra i protagonisti e i fondatori dl movimento partigiano Giustizia e Libertà. Dopo quel periodo riprese una intensa attività giornalistica, ma la sua produzione fu decisamente segnata da queste esperienze. Ricordiamo, tra gli altri, titoli come Storia dell’Italia partigiana (1966); Storia dell’Italia nella guerra fascista (1969); La Repubblica di Mussolini (1977). Di pari passo, raccontò l’Italia del terrorismo, della crisi della politica e del fenomeno Berlusconi (Piccolo Cesare 2002), dedicando grande attenzione a temi riguardanti il mezzogiorno e l’Italia tra l’incudine e il martello della criminalità e del capitalismo connivente e senza scrupoli. Vicino a posizioni Socialiste, pur senza mai prenderne la tessera, non scrisse libri monografici su tangentopoli, si concentrò prima sul terrorismo e dopo sul fenomno Berlusconi. A Canale 5 lavorò per qualche tempo, verso la fine degli anni ottanta, procurandosi anche qualche critica da parte di Eugenio Scalfari per la sua “infatuazione” per Silvio Berlusconi (allora non ancora sceso in politica). Polemizzò invece veementemnte con Giampaolo Pansa sul giudizio storico che più gli stava a cuore, quello del periodo della resistenza “rossa”.
La politica pian piano non lo ha però più appassionato, tanto che per sua stessa ammissione, aveva smesso di votare dal 2008. L’Antitaliano, però, non ha mai rinunciato a raccontare quel che vedeva, viveva, pensava.