Ieri ho fatto una gita nel Monferrato, in un giorno di sole sulle colline del Grignolino. All’una, nei pressi della Tenuta Morneto sono arrivati sette pullman con 360 ragazzi delle scuole superiori di Milano, in viaggio da un giorno sulle tracce dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Sono stati a Torino a toccare con mano cosa è rimasto ancor oggi dei santi sociali, dal Cottolengo a don Bosco, che portava i suoi ragazzi a vendemmiare da queste parti, fino a Montemagno dove riposa la mia amica Cilla. Ieri mattina ero a Torino e da lì ho preso la strada per Asti, poi per Castagnole Monferrato dove un vecchio parroco, don Giacomo Cauda, riabilitò il vino Ruchè. Alla curva del cimitero di Montemagno mi sono fermato per Cilla, poi giù verso Altavilla e infine a Vignale. I ragazzi arrivavano da Crea e quando è scesa Patrizia, una mia amica insegnante, mi ha detto che più di un ragazzo ha manifestato il desiderio di dipingere quegli orizzonti, con gli acquerelli. C’erano gli agnolotti ad aspettarli, antico piatto del recupero degli avanzi dei giorni di festa, e li ho preso spunto per raccontargli che dalla fame è nata la grande cucina regionale italiana che si è consolidata in questi 150 anni. I ragazzi ascoltavano e fra loro c’erano i figli dei miei amici: Sara, Maddalena, Alessia, e poi Caterina, Pietro e Matteo che hanno fatto le vacanze con me. Ascoltavano il vino, l’innocente Malvasia di Casorzo, che segnava una corrispondenza con qualcosa di buono che abita il mondo. “Bisogna che assaggiamo qualcosa di molto buono – mi ha scritto un giorno un’altra insegnante, Nicoletta – per essere sempre più certi”. E m’è venuta in mente quella Santa mistica del medioevoldegarda Von Bingen, che scrisse: “Tutto ciò che possiamo toccare col gusto esiste perchè Egli lo ha ritenuto indispensabile per l’uomo”. E tra i motivi di questo “indispensabile” ci mise anche la paura. Era l’anno 1000 ed oggi, guardando la fierezza di questi ragazzi che hanno deciso di stare davanti alla storia, m’è venuto da pensare che il bisogno non è cambiato. Cosa ci toglie dalla paura ?
Una certezza, che passa anche attraverso qualcosa di molto buono, che qualcuno ha preparato per noi perché possiamo partecipare alla vita. Quando il pranzo è finito, i ragazzi si sono messi di fuori, baciati dal sole, alle spalle del borgo di Vignale Monferrato e lì, a gruppi, si sono messi a cantare. E in quel momento ho rivisto la stella del mattino, che avevo salutato all’alba nel buio delle sei e poi la scena finale del pranzo di Babette, quando i membri di quella piccola isolata comunità si mettono a cantare, quasi come un ringraziamento. Per salire sui pullman hanno fatto un gruppo compatto e a piccoli passi, cantando, sono arrivati al posteggio. Non so se gli amici della Protezione Civile di Vignale che si sono mobilitati su invito del sindaco più solare d’Italia, Tina Corona, hanno provato la sensazione che quel canto fosse una preghiera alla vita, che vista da qui ha un grande futuro. Anche Cilla cantava, prima di andare dal Padre. Cantava “Adios con el corazon”, un motivo struggente che ti viene spontaneo quando vedi gli orizzonti del Monferrato madidi di sole e di color ruggine. Quando ho preso la mia auto per tornare a casa, ad Alessandria, passando per Fubine e Quargnento, ho immaginato alle feste di fine anno, che potrebbero non avere neppure un briciolo di simpatica nostalgia come quella di questi ragazzi. Ma si canterà alla fine dell’anno ? Si canterà all’unisono dopo una cena ? Oppure la forma basterà a se stessa, per aprirsi sullo spread del giorno dopo, ognuno più solo di prima. A me questi ragazzi hanno insegnato qualcosa: che la vita e gli amici possono essere decisivi, e per sempre. E l’ho capito da un fatto: dal loro amore ai particolari, dall’ordine immediatamente ritrovato per stare ad ascoltare qualcuno o per mettersi a cantare e poi per salire sul pullman. La vita che diventa un corale cammino. Dove non sei solo. Buon anno ragazzi!