Alle 10 del mattino le nuvole alte sul cielo di Berbenno di Valtellina fanno una corona intorno alla montagna più alta, davanti a me. Sono alla finestra della camera dell’agriturismo Singèla, in centro paese e mi godo il silenzio di questo paese di mezza valle che guadagni svoltando a sinistra sulla statale che collega Colico a Sondrio, appena 12 chilometri dopo. La famiglia Bongiolatti è speciale: il papà, Pierluigi, è sindaco di Berbenno, la moglie, Trime, ha sempre il sorriso e coordina i suoi figli in cucina. Il primogenito, Samuele, da un anno è prete in un paesino della vasta diocesi di Como. Pietro studio storia all’università statale, ma quando gira fra i tavoli a portare i piatti antichi della storia valtellinese ha gran padronanza del mestiere. Magdala, matematica, fa degli sciatt strepitosi, aerei e poi ci sono Paolo e Rachele che lavorano al servizio. Giovedi 8 dicembre saranno a Milano, all’Artigiano in Fiera, i figli e i genitori e i ragazzi di In Presa per fare una cena tipica al ristorante lombardo dove si assaggerà lo straordinario Mac, un piatto che l’altra sera mi sono fatto servire 4 volte, una sorta di zuppa solida di patate, fagiolini, formaggio e sferzata di burro con cipolla e lardo. Un piatto conosciuto anche come taroz. Ma si assaggeranno anche i pizzoccheri, preparati col grano saraceno, che hanno ripreso a coltivare in valle. Lo fa anche il marito di Francesca Traversi, la delegata del Club di Papillon che è anche lei di Berbenno e abita di fronte al bar dello zio, luogo dell’anima in centro paese dove ci sono ancora due esemplari di juke box del primo Dopoguerra, ben funzionanti. C’erano cinquanta persone l’altra sera alla Singèla (che vuol dire orto cintato) radunati nel calore di quella sala ricoperta di legno, col salame crudo speciale che si fanno fare da Mario, un norcino felice, generoso, ma anche casaro e boscaiolo. Poi il vino prodotto da Pierluigi (molto buono peraltro), i formaggi spiegati uno ad uno da Fides, una ragazza originaria del Burundi che sa tutto sull’arte casearia sono stati il contorno di un momento di festa, dove si capiva che mangiare insieme è comunicare un affetto. Al mio tavolo, a cena, in un posto dove vorrei mandare i migliori amici (ma vorrei averli anche giovedi 8 in fiera per capire di cosa sto parlando), c’erano Isabella la titolare dell’azienda vitivinicola Ar.pe.pe, Antonio e Cecilia Tonola che conducono la Lanterna Verde di Villa di Chiavenna e poi una persona speciale come Angela Dell’Oca, direttore del museo valtellinese di storia e arte che ha appena dato alle stampe un libro bellissimo, frutto di un incredibile lavoro di ricerca: “In confidenza col sacro” ovvero la ricerca delle statue vestite al centro delle Alpi. E poi c’era Aldo Mambretti, un produttore di piccoli frutti, quattro figli e una scelta di vita che va nella direzione del biologico, per i suoi succhi di frutta di mirtilli e more impareggiabili. E che dire di Luca Badorini, della Frutticltura alpina di Berbenno, premiato a Golosaria quest’anno e produttore di mele straordinarie (i suoi succhi vanno a ruba, dopo l’exploit di Golosaria).
Poi c’erano i Berera de Le cose sfiziose di G&G coi loro cutney, la Buca del pane di Sondrio con la bisciola e il Forno di Mario della Fonte di Berbenno col pan de fic. E’ venuto anche Gianluigi Rumo un giovane che da poco ha investito sul vino ed è già grande. Poche ore prima, con i viticoltori della Valtellina avevo partecipato a un incontro dove s’era parlato della difficoltà di fare sistema. Ma la Valtellina vista da una serata del Club di Papillon, nel calore della Singèla, m’è sembrato un altro mondo. Un mondo possibile dove la capitale della rinascita si chiama Berbenno. Veniteci apposta. Oppure vediamoci giovedi sera… la storia continua. Prenotazioni su http://in-presa.fotonica.com/