In tutta Italia l’antimafia e i carabinieri hanno dato vita ad un blitz, all’alba, che ha portato all’arresto di una settantina di persone, per 60 delle quali è stato disposto il carcere. Le persone coinvolte dall’inchiesta avviata dalla Dda avrebbero tutte a che fare con le fazioni Schiavone e Bidognetti  del clan camorristico dei Casalesi. Tra di loro c’è anche l’ex sottosegretario all’Economia, il deputato del Pdl Nicola Consentino. I pm di Napoli anno chiesto alla Camera l’autorizzazione a procedere all’arresto dell’Onorevole. Per lui le accuse sono di concorso in falso, riciclaggio violazione della normativa bancaria. In particolare, avrebbe fatto pressione su un istituto di credito perché concedesse un prestito ad una società che stava realizzando un centro commerciale a Villa Briano, a Comune di Casal di Principe. In particolare, la banca in questione sarebbe un’agenzia di Roma del gruppo Unicredit mentre dietro la società che stava costruendo il centro ci sarebbero i Casalesi. Secondo la ricostruzione dei Casalesi, il finanziamento, inizialmente, fu concesso ma, in seguito, venne bloccato perché la documentazione consegnata era stata ritenuta falsa. Sempre secondo le accuse, Cosentino avrebbe costretto il dirigente dell’ufficio tecnico del Comune a dare le concessioni necessarie alla costruzione benché in violazione delle norme urbanistiche. Già nel novembre del 2009 Montecitorio ricevette una richiesta analoga, poi rifiutata, nell’ambito di un’inchiesta in cui Cosentino era indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Tuttavia, la vicenda costrinse il deputato alle dimissioni dalla carica di sottosegretario e a non presentarsi per le elezioni per la presidenza delle regione Campania. A firmare l’ordinanza di custodia cautelare è stato il gip Egle Pilla, su richiesta dei pubblici ministeri Antonio Ardituro, Francesco Curcio e Henry John Woodcock. Tra le altre persone interessate dall’ordinanza ci sarebbero anche politici e banchieri attivi non solo in Campania ma anche nel Lazio, in Toscana, in Emilia Romagna, in Lombardia e in Veneto. I reati, contestati a vario titoli, vanno dall’associazione a delinquere di stampo camorristico, alla corruzione al riciclaggio.



L’inchiesta avrebbe svelato un fitto intreccio tra il clan dei Casalesi e alcuni esponenti della pubblica amministrazione, specialmente provenienti da Casal di Principe, roccaforte camorristica che, del resto, viene sciolto in media ogni due anni per infiltrazioni. Tutti i reati, per le persone coinvolte, a quanto emerge dalle oltre mille pagine di custodia cautelare, sono aggravati dall’articolo 7, ovvero dall’aver agito favorendo la criminalità organizzata. 

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