Regalo di Natale: in Inghilterra a tutte le donne (di che età? Mica vogliamo discriminare le minorenni) l’organo consultivo inglese sulla gravidanza offrirà un pacchettino dono: la pillola abortiva, vedi mai che sul più bello ti dimenticassi che sei fertile, non avessi a portata di mano gli anticoncezionali. Non si rovinano le feste con una gravidanza indesiderata. A parte l’obbrobrio dell’atto sessuale meccanicamente inteso, è vacanza quindi si scopa di più; a parte lo sconcerto davanti a un organo consultivo sulla gravidanza: consultivo di che? Di quando sia opportuna, giusta, proseguibile una gravidanza? Non c’è un ministero della Salute? Non ci sono i ginecologi, gli psicologi? Noi paghiamo un sacco di authority inutili, ma anche lassù non si scherza. Per il resto, siamo alle solite. Avere un figlio è un diritto, come e quando lo decido io, questa è la libertà come autodeterminazione.



Altrimenti è un impiccio, velato con palpiti sentimentali, del tipo: un figlio non amato abbastanza sarebbe un figlio infelice, dunque meglio non metterlo al mondo. Dimenticandosi che il figlio ipotizzato, comunque, non può scegliere. Poiché tra le conseguenze di un atto sessuale ci sono le gravidanze, limitiamo i danni. Con una pillola non devi manco perdere tempo a fare analisi, ecografie, ricoveri, interventi traumatici. Solo il sospetto, e tra una bollicina e un pezzo di panettone, mentre canti Happy Christmas, ecco la pillola del giorno dopo. Abortiva. Parliamoci chiaro: perché se interrompe sul nascere una vita, che sia in fieri e quanto in fieri interessa poco. E’ una vita. Oppure non è una vita, e allora domandiamoci quando lo è, ragioniamo.



E’ che di ragionare non ha più voglia nessuno, figurarsi a Natale, con tutte quel daffare, i regali, le cene, i parenti eccetera. Le domande, tanto più se scomode o inquietanti, non si fanno, semplicemente si evitano, basta un poco di zucchero e la pillola va giù. Questi inglesi. Perché, da noi è diverso? Si è cercato coraggiosamente di stoppare la RU486. L’Europa, le case farmaceutiche, ci hanno tirato le orecchie, e l’hanno imposta. Si sono posti severi limiti di legge: ma andiamo un po’ a vedere negli ospedali, con che criteri selettivi e cautelativi si somministra. 



Ma è nel nostro banale, vicinissimo quotidiano che vediamo i segni di una omologazione culturale che ci rende orgogliosamente simili al resto d’Europa. Vedi mai, che rimanessimo un po’ indietro, ai paesi antesignani ei diritti civili.

Così se un preside di liceo propone distributori gratuiti di preservativi nei corridoi; se una ragazzina di 15 anni sfoggia nel portapenne firmato Hello Kitty un condom alla fragola, c’è chi sorride, scuotendo la testa (sono ragazzi… fanno tutti così), e chi sale in cattedra, e ti spiega che finalmente una mentalità nuova sta prendendo piede. Fare sesso fa bene alla salute, chi non lo fa ha dei problemi, bisogna farlo protetti. Nessuno parla di educazione: perché di questo bisognerebbe parlare a giovani e adulti. Il corpo è tuo? Perché tu lo strapazzi usandolo come un oggetto? Perché tu fai altrettanto con quello di chi dici di amare?

Quando si cresce ci si assumono responsabilità. Sei in grado di assumerti la responsabilità di un atto di presunto amore, consumato senza pensare? Cosa significa amare? Soddisfare un desiderio istintivo? Domande anacronistiche, da cattolici codini. Oggi sfonda l’audience dei 15 milioni uno che sotto l’egida del servizio pubblico parla di preservativi salva-pischelli, che tanto “ci danno…”. Non amano, non si abbandonano alla passione, magari. Ci danno, come in palestra o in motorino, o coi tasti della play station.