Santo del giorno di oggi è Sant’Ambrogio – Sant’Ambrogio, il patrono di Milano, nacque verso il 340 a Treviri, da famiglia cristiana. Il padre era prefetto delle Gallie. Ancor giovane ebbe un’ottima educazione retorica e giuridica a Roma e da qui verso il 370 raggiunse Milano, per governare le province dell’Emilia e della Liguria. Era il più alto magistrato dell’Impero nell’Italia settentrionale.
A Milano Ambrogio trovò una città fortemente divisa tra cattolici e ariani, soprattutto dopo la morte del vescovo ariano Aussenzio: la sua opera di pacificazione degli animi, la sua ferma saggezza gli conquistarono l’ammirazione del popolo milanese, che lo acclamò, pur essendo egli semplice catecumeno, suo vescovo. Tutta la cultura che egli aveva assorbito da Roma antica gli valse la velocità e la penetrazione della Scrittura e delle opere dei Padri sulle quali si baserà d’ora in poi la sua azione pastorale e la sua cospicua opera letteraria. Da Origene Ambrogio importò il metodo della lectio divina, ossia di quell’ascolto nella preghiera della parola di Dio, dalla quale scaturisce ogni altra riflessione cristiana.
L’efficacia oratoria di sant’Ambrogio era molto nota. Ne è testimonianza un passo delle Confessioni in cui Agostino racconta di essere andato a sentire Ambrogio e di essere rimasto affascinato, da retore famoso e da uomo scettico, dal modo di parlare del vescovo, ma anche dalla compattezza della Chiesa milanese, che pregava e cantava come un sol uomo.
Un altro episodio, di natura completamente diversa, è rimasto famoso nella vita di Ambrogio, quando egli scomunicò l’imperatore Teodosio, reo di aver ordinato nel 380 la strage di Tessalonica. L’imperatore dovette piegarsi a chiedere perdono per essere di nuovo ammesso ai riti sacri. Non è qui tanto da vedersi lo scontro tra il potere civile e quello ecclesiastico, quanto la fermezza e il prestigio di un pastore nei confronti di un membro della Chiesa che si era macchiato di una colpa efferata.
Ambrogio morì il sabato santo del 397, dopo una agonia trascorsa con le braccia in croce, quasi a partecipare alla morte del Signore, e dopo aver ricevuto il Viatico dalle mani del suo più caro amico, Onorato, vescovo di Vercelli. Fu questo l’ultimo silenzioso insegnamento di un uomo che aveva riempito le chiese con la sua voce, i cui scritti fanno risuonare l’amore a Cristo ancora oggi dopo lunghi secoli, i cui inni hanno inaugurato un genere nuovo di poesia e di canto.
“Cristo è tutto per noi! Se vuoi curare una ferita, Egli è il medico; se sei riarso dalla febbre, Egli è la fonte; se sei oppresso dall’iniquità, Egli è la giustizia; se hai bisogno di aiuto, Egli è la forza; se temi la morte, Egli è la vita; se desideri il cielo, Egli è la via; se sei nelle tenebre, Egli è la luce. Gustate e vedere come è buono il Signore: beato è l’uomo che spera in Lui!”.