Località di Casapesenna, provincia di Caserta. Una abitazione del centro cittadino e sotto all’abitazione un bunker sotterraneo diviso dal pavimento da cinque metri di cemento armato. E lì dentro che la polizia ha scovato, come un topo, Michele Zagaria, boss latitante della camorra ricercato da sedici anni. Casapesenna era la sua città natale. L’ultimo dei latitanti, il re del cemento, come era conosciuto, per la sua attività di infiltrazione camorristica nel mondo dell’edilizia. Nel suo bunker anche dei libri: la biografia di Steve Jobs e “L’impero”, un libro sulla camorra casertana scritto dal giornalista Luigi, detto Gigi, Di Fiore: “Per questi boss è normale leggere libri che parlano delle loro imprese” dice Di Fiore in una conversazione esclusiva con IlSussidiario.net. “Per loro non si tratta solo di informarsi su cosa sappia chi indaga su di loro, ma è anche una forma di vanagloria. Il loro potere criminale infatti è una soddisfazione, una forma di scalata, di conquista sociale. Per questo leggono libri che parlano delle loro imprese”. Ma, aggiunge Di Fiore, “questo induce a una grossa responsabilità chi scrive queste cose. Bisogna cercare di non creare miti e raccontare senza esaltare per non indurre chi è culturalmente poco attrezzato a reazioni emulative”.



Di Fiore, possiamo cercare di ritrarre la figura di Michele Zagaria e la sua reale importanza nel mondo della camorra?
Michele Zagara è l’ala imprenditoriale pura del clan dei casalesi. Insieme col fratello Pasquale avevano le principali aziende edili in cui si riciclava denaro sporco. Le inchieste hanno accertato la loro presenza fino nell’Emilia Romagna, quindi al nord, a Reggio Emilia. Non solo: si sono infiltrati nei subappalti per la Tav, erano i più attivi nel riciclaggio e nell’infiltrazione imprenditoriale.
Erano gli unici esponenti della camorra ad agire in questo modo?
Si diversificavano da Antonio Iovine l’ultimo arrestato di vertice circa un anno fa che invece  era impegnato negli investimenti e nel riciclaggio nei servizi. Quindi i classici ristoranti, i locali, le aziende di abbigliamento. Zagaria invece era esperto  nei subappalti delle impresa, come l’infiltrazione nel mondo del cemento che risale agli anni 90. Ma la sua carriera criminale è datata nel tempo, agli anni del boss Bardellino quando era un giovane. Il suo nome si trova tra quelli che fecero parte del commando della strage di Torre Annunziata nel 1984.
Cosa succede adesso con il suo arresto? Che direzioni prenderà la camorra casertana? Sarà questo un colpo decisivo alla malavita?
Adesso diventa molto impegnativo per gli inquirenti della Dda che lavorano solo sui canalesi. Bisogna infatti sapere che la Dda (Direzione Distrettuale Antimafia, nda) napoletana è divisa in tre sezioni e una di essa si occupa esclusivamente del clan dei canalesi.
In che senso diventa impegnativo?
Adesso dovranno dar vita  a una  geografia delle successioni perché con questo arresto c’è stato lo smembramento. Noi infatti possiamo risalire solo fino a due anni fa o meglio, a un anno fa perché dopo l’arresto di Iovine,  l’ultimo capo di vertice ancora in libertà era proprio Zagaria.  Diventa impegnativo oltremodo capire cosa verrà fuori da questo scompaginamento dei vertici: noi non sappiamo ad esempio se avevano già deciso o delegato dei successori o meno.
Non risultano dunque dei possibili nomi di primo piano nel panorama camorristico della zona?
C’erano  i figli di Schiavone, ma sono anche loro in carcere. Altri, che si candidavano a successori come il sanguinario Setola dopo la sua stagione di sangue è stato arrestato un anno e mezzo fa. Va capito cosa succede sul territorio, questo è un lavoro già avviato cercando di stringere i rapporti con nuovi collaboratori di giustizia, cercando di acquisire nuove informazioni. Ma c’è un limite visto che anche l’ultimo collaboratore di giustizia che ha parlato ha dato ricostruzioni e fatti tutti da capire che risalivano a due anni fa.  Incomincia per gli inquirenti una fase ancora più impegnativa della precedente.
Zagaria ha già tre condanne a tre ergastoli, una delle quali come mandante di un omicidio. E’ mai stato coinvolto direttamente in fatti di sangue?
Dal punto di vista giudiziario non ci sono sentenze in giudicato sul suo conto.  Il suo nome compare in fatti criminosi di quando era giovane come la strage di Torre Annunziata con Bardellino capo. E’ la famosa strage che fa vedere Risi nel film Forte Apache, il film sulla vita di Giancarlo Siani, quando arrivano in quell’autobus turistico e cominciano a sparare all’impazzata.
Colpisce che anche Zagaria, come altri suoi predecessori, sia stato scovato dentro a una fossa, un bunker. Non è quanto siamo soliti avere dell’immaginario del boss mafioso che vive in una villa lussuosa. Viene da chiedersi cosa conti davvero per questi personaggi, il potere fine a se stesso anche in condizioni di vita miserabili?
E’ una costante dei grossi boss della camorra napoletana dagli anni 90 in poi, sia quelli provincia di Napoli sia quelli della provincia di Caserta, essere stati tutti presi in situazioni logistiche di questo tipo. Si parte da Lorenzo Nuvoletta che fu preso in un piccolo cascinale di campagna isolato. Nuvoletta era quello che secondo Buscetta  sedeva con i boss mafiosi in Campania. Poi c’è il caso di Alfieri, arrestato anche lui sotto una botola di una villa a Saviano di Nova e oggi Zagaria viene trovato anche lui così.



Perché questo fenomeno?
Perché non allontanarsi  dal territorio consente a questi personaggi di avere coperture maggiori e di trovarsi al sicuro. Accade diversamente invece per i camorristi della città. Ricordiamoci che ci sono perché differenze anche culturali nelle varie forme di camorra di questa regione: c’è la camorra metropolitana che è molto più appariscente, che fa folclore e ostentazione.Pensiamo a certi personaggi arrestati ad esempio in Spagna fuori dei locali notturni che facevano traffico di droga a Scampigli. Quelli come Zagaria invece fanno una camorra più legata alla mafia perché legata a valori rurali, a valori della provincia e sono restii a lasciare il loro territori e per nascondersi devono trovare soluzioni di questo tipo,c ome il bunker sotto terra.
Zagaria si trovava nel suo paese natale: in sedici anni di latitanza è sempre rimasto lì? Come mai non lo si è andati a cercare prima in quel luogo?
Per gran parte della latitanza è stato nel suo paese natale cambiando però una serie di rifugi: a novembre ad esempio era stato individuato un rifugio che aveva lasciato da poco. Anche Iovine si spostava di continuo da un rifugio all’altro sempre nel suo territorio. L’individuazione diventa difficile perché gli inquirenti devono accertare al cento per cento la presenza in un rifugio. Lui poi aveva dalla sua un’altra caratteristica.
Quale?
Non aveva stretti legami familiari come una moglie e dei figli e quindi diventava ancora più difficile trovare dei collegamenti con lui. Mogli e parenti stretti permettono agli inquirenti di individuare i latitanti o con microspie o con intercettazioni o pedinando. Dunque con Zagaria era molto più difficile arrivare a lui.
Zagaria davanti ai magistrati ha pronunciato una frase significativa. Ha detto: “Ha vinto lo Stato”. Era una presa in giro o la consapevolezza di una guerra reale fra due poteri?
Quella frase indica un riconoscimento che è più comune a capi che dispongono di maggior acume e più intelligenza, intelligenza criminale ovviamente. Un riconoscimento a chi in certo modo viene stimato e preso in considerazione. Cafiero de Raho, ad esempio, che è il coordinatore della Dda ramo casalesi è stato il primo magistrato, prima di altri diventati poi famosi, a occuparsi dei casalesi, quando nessuno se ne voleva occupare .
Perché? 
Perché venivano considerati cosa minore rispetto ai grossi boss della camorra napoletana. De Raho è stato il primo quando è nata la Dda a Napoli ad aprire i primi fascicoli sulla camorra di Caserta e per lui questo arresto è motivo di grande soddisfazione. Ha creato un pool di magistrati incredibilmente efficace con una caratteristica unica:  far firmare a tutti i magistrati della sua squadra i provvedimenti. Quindi non c’è un provvedimento che appartiene a uno o all’altro, ma c’è il pool che firma un lavoro in comune sia per ripartire i meriti sia per evitare rischi di sovra esposizione di uno o dell’altro.

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