Caro direttore,
Due parole da pediatra, perché i risvegli di “decenza” e moralismo, cui assistiamo in questi giorni da parte di chi strombazza il liberismo più selvaggio in campo sessuale, ci fanno prima sorridere, e poi piangere per i riflessi sui più piccoli. Anche perché il primo messaggio che passa loro è che la morale si fa solo quando torna comodo, dato che sanno bene che oggi si parla di decenza, mentre fino a ieri si raccontava che il matrimonio è una convenzione, e che è normale fare sesso col primo arrivato. E i nostri bambini bevevano tutto questo, lo assorbivano e lo assorbono.
Avete idea di quante ore di pornografia si sorbiscano i nostri bambini quando scarrellano sulla tv o su internet? E non vi siete mai stupiti perché le vostre bambine a 10 anni magari si truccano, o vogliono le scarpe coi tacchi, o usano termini come “sexy” o “fashion”, per descrivere un’amichetta? E vogliono abiti firmati, sanno tutto delle trasgressioni sessuali delle star di Hollywood che poco a poco diventano loro idoli, tanto più sono dedite a eccessi pornografici. E in ogni edicola da decenni campeggiano immagini di donne spogliate e messe in vendita sulle copertine dei giornali, e sono alla portata di tutti. E si svegliano oggi e parlano oggi di decenza avvilita?
Sono o non sono icone del cinema “progressista” i film Colazione da Tiffany e Pretty Woman, che parlano come niente fosse di prostitute tanto da farle considerare vere e proprie icone? E vi scandalizzate oggi? Tanti hanno chiesto per anni la prostituzione equiparata a qualsiasi altro lavoro, mentre noi gridavamo che era inaccettabile, e sono diventati i primi moralizzatori.
Bastava leggere il Newsweek del Febbraio 2007 per capire come l’allarme è planetario, dato che, vi si legge, stiamo allevando una generazione di baby-prostitute! E i neomoralisti di oggi non li sentivamo scandalizzati a leggere che bimbe si fanno foto nude e le vendono, che vanno a fare le sexy-cubiste minorenni, che fanno sesso quando hanno i primi brufoli e sono invitate a farlo da quasi tutte le star che vanno in tv.
Eppure erano usciti libri come Ancora dalla parte delle bambine (Loredana Lipperini, 2007), che lanciava un allarme forte e chiaro da vera femminista verso la diffusione dell’indecenza tra i minori; e allarmi verso modelli di cartoons e bambole dove le eroine non sono anoressiche, ma hanno un vitino di 10 cm di circonferenza, e delle cosce lunghe e slanciate, ombelico di fuori e chili di mascara, ombretto e lucidalabbra. Eppure esistevano La sindrome di Lolita di Anna Olivero Ferraris, (2008) o Sporche femmine Scioviniste (2006), in cui Ariel Levy, voce del femminismo, denuncia le contraddizioni, l’ambiguità e l’incongruenza di quello che viene spacciato per il “nuovo potere delle donne”. Ma finora i guru progressisti non sembravano né averli letti, né aver preso coscienza dell’orrore.
E si svegliano ora a parlare di “decenza”? Gli araldi ormai anziani del ‘68 – quelli che solo ora si scandalizzano – hanno creato una generazione di figli senza ideali, capace da vent’anni di vendersi per un jeans, la generazione degli “echo-boomers”, cioè di quelli che vivono solo di riflesso degli ideali dei genitori, ma senza ideali propri.
Il moralismo e il richiamo alla “decenza” di chi ha distrutto il cuore e il cervello di questa generazione farebbe ridere, se non fosse tragico richiamo a un orrore: quello di una generazione senza fede e senza speranza, che ha inquinato il cuore dei figli, che li ha buttati a gozzovigliare senza senso e senza coraggio, e ha chiamato tutto questo “libertà”.