Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco Alimentare ONLUS in risposta al fondo di Tito Boeri dal titolo “Welfare, l’inganno della carità” pubblicata su Repubblica di ieri.
Caro direttore,
Leggendo ieri mattina su Repubblica l’articolo a firma del professor Tito Boeri dal titolo: ”Welfare: l’inganno della carità”, devo ammettere che, fin dalle prime battute, il suo simpatico cognome non mi ha fatto provare la piacevole sensazione di mordere del buon cioccolato ripieno di liquore con una morbida ciliegia come sorpresa finale, ma piuttosto un morso amaro che frantuma i denti su un nocciolo senza polpa.
In particolare mi ha sorpreso il modo sommario con cui ha affrontato il problema, conoscendolo come un illustre studioso di questi temi, quasi non avesse mai avuto a che fare con questo mondo se non attraverso libri, convegni e dibattiti: di qua la teoria, di là il mondo reale. Innanzitutto il dato: 3 milioni di persone povere non ci sono dal 2007 ma sono almeno 18 anni che i rapporti delle varie commissioni sulla povertà fanno emergere più o meno questa cifra.
Invece condivido che la Social Card, così come entrò in vigore a fine 2009, mostrò da subito molti più difetti che pregi, proprio perché fu adottato un modello anglosassone senza prima fare una sperimentazione per verificarne l’efficacia nel nostro Paese. Per questo ora mi sembra positiva questa nuova ripartenza. Tra l’altro il metodo della sperimentazione non è nuovo, visto che fu adottato anche dal governo Prodi (giugno 1998) per l’applicazione del Reddito Minimo d’Inserimento (RMI) e i risultati dimostrarono che non era la strada migliore da percorrere, anche se si basava proprio sulla presunta capacità dei comuni di sviluppare quella misura legislativa.
Insomma, non è vero che prima tutto funzionava e che i comuni con l’ISEE sono la via migliore per individuare il bisogno e per darne una soluzione.
Molte delle domande di Boeri troveranno risposta nel momento dell’entrata in vigore dei decreti attuativi che, mi auguro, diranno anche chi e come valuterà i risultati della nuova sperimentazione, sempre che il blocco presidenziale al decreto mille proroghe non annulli tutto. Dalla competenza del professor Boeri sarebbe lecito aspettarsi suggerimenti e modalità adeguate per l’applicazione del principio di sussidiarietà che permea tuttoil Libro Bianco presentato dal Ministro Sacconi. A meno che non sia proprio il principio di sussidiarietà, alla base anche delle politiche comunitarie spesso citate nell’articolo, quello che non piace al professor Boeri. A quel punto sarebbe meglio essere espliciti ed attaccare le radici dell’albero anzichè i frutti.
Caritas, Società di San Vincenzo, Misericordie, Banchi di Solidarietà, mense per i poveri Francescane, Centri di Aiuto alla Vita, comunità di accoglienza, le case di Fratel Ettore, la mensa Cardinal Ferrari, e così si potrebbero fare migliaia di altri nomi, rappresentano un modello di aiuto concreto e capillare che accoglie quotidianamente milioni di persone in Italia offrendo assistenza, cibo, aiuto, amicizia, garantendo una risposta immediata al bisogno, con una tempistica che lo Stato non potrà mai, fisiologicamente, assicurare e per molti anche la possibilità di cominciare o ricominciare una vita dignitosa, che poi lo Stato dovrà sostenere con politiche adeguate di sviluppo economico.
Per rendersene conto basta, ogni tanto, chiudere i libri e recarsi di persona dove questi “enti Caritativi” operano, nel cuore del paese reale. In questi giorni siamo allarmati per le centinaia di migliaia di profughi che potrebbero arrivare sul nostro suolo e chi accoglierà queste persone, non di certo cattolici praticanti?
La Caritas in primis. In 20 anni che opero a fianco di più di 8.000 di queste organizzazioni non ho mai sentito un musulmano, un ateo, un comunista lamentarsi per la caritatevole e concreta accoglienza ricevuta. Anzi è quello uno dei pochi luoghi dove avviene un’integrazione reale e sono molte le testimonianze di persone di religione non cristiana che collaborano con le associazioni in questione, magari proprio dopo essere state caritatevolmente accolte.
Almeno il 90% di queste associazioni possono definirsi “enti caritativi”, non per il servizio sociale che svolgono e non di certo per un deficit statale (molti di questi operavano ancor prima che lo stato esistesse) ma per carità cristiana, che piaccia o no. Madre Teresa ricevette un Nobel per la pace, non per la sua bravura ma per la carità che portava a tutti, ricchi e poveri. Le sue case in Italia sono sicuramente un ente Caritativo.
Infine, vorrei rivolgere un invito al professor Boeri. Mi metto a sua completa disposizione per visitare quanti enti caritativi desidera, sicuro che la testimonianza di uomini e donne lieti, ospiti e ospitanti, che vivono la carità come dono di sé al prossimo riporterà, come accade a me quando vado a visitarli, un po’di sorriso e di serenità.
(Marco Lucchini, direttore Fondazione Banco Alimentare ONLUS)