A Matteo Brigandì, consigliere laico del Csm in quota Lega, sono stati sequestrati il computer e l’ufficio.

Matteo Brigandi, componente laico del Csm in quota Lega, ha subito il sequestro del proprio computer, di alcuni documenti e del proprio ufficio in seguito ad una perquisizione nella sua residenza privata. Brigandi è indagato per abuso d’ufficio, con l’accusa di aver fatto entrare la cronista de Il Giornale Anna Maria Greco in possesso di documenti riservati riguardanti il pm Ilda Boccassini. La giornalista, dopo aver scritto un articolo sulla Pm in cui ne denunciava la condotta, è stata sottoposta a perquisizione e fatta denudare. «Ho fatto richiesta di quella documentazione al Csm perché volevo documentarmi personalmente. Non ho divulgato le carte in alcun modo. Né ho parlato con nessuno di quanto vi avevo letto. Sfido chiunque a dimostrare il contrario», è la difesa di Brigandi.



Intanto l’Unione delle Camere penali interviene sulla vicenda e commenta, in una nota: «Si possono esprimere ampie riserve, non solo estetiche, in merito allo “scoop”, strumentale e bacchettone, del Giornale sulla dottoressa Ilda Boccassini, che segna l’ennesimo episodio di imbarbarimento dello scontro in atto. Così come si possono anche avanzare fondati interrogativi sulla necessità di custodire come il terzo segreto di Fatima gli atti dei procedimenti disciplinari dei magistrati risalenti a trenta anni fa». 



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Tuttavia, aggiunge: «non ci si può esimere dal registrare anche l’inusitato spiegamento di mezzi processuali con cui, ancora una volta, la magistratura reagisce quando viene coinvolto un collega». Ancora una volta «abbiamo avuto la riprova – conclude il comunicato – di quanto sia discrezionale non solo l’esercizio dell’azione penale ma anche le sue stesse modalità, con buona pace del principio di eguaglianza che tutti invocano».

 

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