Un dossier presentato per una interrogazione parlamentare da Ermete Realacci, esponente dell’ala Verde del partito democratico, presenta una mappatura effettuata nel 1979 dei possibili siti per la costruzione di centrali nucleari e siti per la sistemazione delle scorie. La mappa, a cura del Comitato nazionale per l’energia nucleare, è stata riconosciuta dal governo come ancora valida.



La mappatura, dopo il referendum che nel 1986 fermò lo sviluppo del nucleare del nostro paese, torna dunque di attualità alla luce della decisione del governo Berlusconi di tornare all’energia nucleare. Gli esperti avevano individuato le locazioni seguendo queste indicazioni base: i vincoli per identificare i siti devono essere geologicamente stabili, devono avere tanta acqua ed essere relativamente poco popolosi. Se ne trovano in ogni regione italiana, dal Piemonte (a nord di Chivasso lungo il Po e lungo la Dorea Baltea a sud di Ivrea) alla Sicilia (la costa nel comune di Licata, la costa tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo, la costa intorno a Gela e quella a sud di Mazara del Vallo).



In Lombardia si segue ovviamente il corso del Po individuando zone a sud di Mantova a sud di Cremona, arrivando fino al delta del Po e in Veneto alla foce del Piave. In pratica si tratta di locazioni tutte nelle vicinanze di corsi d’acqua o della costa: vengono dunque escluse regioni come l’Umbria, la Liguria, nonostante la lunga costa ma troppo densamente popolata.

Le coste del Lazio presentano diversi siti, come la zona costiera di Montalto di Castro (Viterbo); l’area di confluenza tra Nera e Tevere tra Magliano Sabina e Orte (Viterbo); l’area costiera di Borgo Sabotino (Latina). Così la Calabria: la zona costiera tra il fiume Nicà e la città di Cosenza; la zona costiera ionica vicino alla foce del Neto (Crotone) a nord di Crotone (Marina di Strongoli, Torre Melissa, Contrada Cangemi, Tronca); la zona costiera ionica in corrispondenza di Sella Marina, tra il fiume Simeri e il fiume Alli (Catanzaro). Diversi gli insediamenti previsti anche in Sardegna.



Per quanto riguarda le scorie, la Sogin, una società controllata dal Ministero del Tesoro per la gestione degli impianti nucleari, ha individuato 52 aree che avrebbero le caratteristiche per sistemare i siti di smaltimento. Le aree sono ciascuna di circa 300 ettari, devono poter accogliere oltre ai depositi per le scorie di varia gradazione anche il parco tecnologico che a regime avrà oltre mille ricercatori. Ce ne sono in quasi tutta Italia, in particolare in provincia di Viterbo, nella Maremma, al confine tra Basilicata e Puglia, le colline emiliane, il piacentino e il Monferrato. Le zone saranno scelte in accordo con le regioni attraverso un’asta: la città che accetterà di avere nel proprio territorio una zona di smaltimento scorie riceverà forti incentivi economici.

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