La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo assolve l’Italia per la morte di Carlo Giuliani, ucciso da un colpo esploso dal carabiniere Placanica durante i disordini del G8 di Genova.
L’Italia, nella morte di Carlo Giuliani, avvenuta nel corso dei disordini del G8 del 2001, non ha responsabilità alcuna. Lo ha stabilito, con sentenza definitiva, la Corte europea dei Diritti umani di Strasburgo. Erano stati i genitori e la sorella del ragazzo a presentare istanza d’appello nel 2002. La loro tesi è che siano state le autorità italiane, di fatto, a causare la morte del figlio. «Siamo pronti anche ad una causa civile, non per rifarci sul carabiniere, ma per aprire l’unica possibilità che ci rimane affinché ci sia un dibattimento pubblico», aveva dichiarato il padre del ragazzo commentando le indiscrezioni che prevedevano l’esito della consultazione dei Giudici della Grande Camera. Annalisa Ciampi, docente di Diritto internazionale all’università degli studi di Verona, commenta per il Sussidiario.net la vicenda, addentrandosi in alcuni dettagli fondamentali e illustrandone il significato profondo.
I fatti, anzitutto: a uccidere il giovane, era stato il carabiniere Mario Placanica che, secondo la famiglia della vittima, reagì con un uso sproporzionato della forza. Era il 20 luglio 2001, quando in Piazza Alimonda, a Genova, il carabiniere, minacciato da Giuliani che brandiva un estintore, sparò. Fu, in parte, l’inadeguatezza dell’organizzazione delle forze dell’ordine che erano presenti nella capitale ligure a svolgere un ruolo decisivo nell’episodio. Inadeguatezza che si concretizzo nel fatto, ad esempio, che le regole di ingaggio non prevedevano l’utilizzo di proiettili di gomma.
La Corte, in prima istanza aveva parzialmente accolto il ricorso dei Giuliani: l’Italia era stata condannata per il modo in cui era stata condotta l’inchiesta, mentre Placanica fu pienamente assolto, con la motivazione che agì per legittima difesa. La Grande Camera, ha riesaminato l’intero caso, su richiesta d’appello dei Giuliani e dello stesso governo, non soddisfatti della sentenza. Dopo avere ascoltato le parti, in un’udienza pubblica il 29 settembre, quindi, i giudici che sono stati sorteggiati per il riesame hanno, infine, assolto pienamente il governo.
«Comincia tutto – spiega Annalisa Ciampi – da un ricorso dei familiari, che lamentano una serie di violazioni, di cui la principale è quella dell’articolo 2 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il diritto alla vita. La Camera assolve il governo italiano da tutti i capi d’accusa, tranne uno, che riguarda un aspetto della violazione dell’articolo 2. Ovvero la mancata predisposizione di un’indagine appropriata e adeguata sulla morte di Giuliani». I ricorrenti, non contenti della condanna, fanno ricorso alla Grande Camera. «Il governo, dal canto suo – prosegue la Ciampi -, fa una valutazione strategica, che risulta vincente: impugna a sua volta l’unico capo della sentenza che lo condanna. Questo riapre interamente il processo, e si arriva ad una nuova sentenza della Grande Camera che conosciamo».
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La questione fondamentale rimane quella dell’articolo 2 che «sancisce l’obbligo di non privare nessuno della vita, a meno che non sia strettamente necessario». Su tale punto, la valutazione, alla Camera, era stata unanime: «il carabiniere aveva agito per legittima difesa. Anche secondo la Grande Camera si è trattato di legittima difesa, sebbene non vi sia stata, questa volta, l’unanimità, ma una maggioranza di 13 a 4». Perché un tale giudizio? «Il veicolo su cui si trovata la persona che ha sparato – dice la Ciampi – si stava ritirando, era sottoposto ad un attacco violento; i manifestanti erano numerosi, tiravano bombe molotov e altri oggetti. Il carabiniere, quindi, ha sparato e ha agito con un convincimento: che la propria vita e la propria integrità fisica e dei colleghi, fosse messa in pericolo». Il ricorso alla forza, poi, è stato proporzionato: «il colpo è stato sparato dopo un avvertimento. Rimane un punto controverso: non è chiaro se effettivamente il proiettile sia stato deviato o se il carabiniere non abbia volutamente sparato al petto di Giuliani».
La vicenda, a questo punto, può dirsi chiusa. «Sul piano internazionale non ci sono altri possibili sviluppi, la sentenza della Grande Camera è senza appello e definitiva», continua la docente. «Anche sul piano interno – aggiunge – trovo difficile ulteriori sviluppi, perché la via penale è preclusa, le indagini si sono chiuse con richiesta di archiviazione dal pubblico ministero, approvata dal giudice». Resta la via civile. «Dovrebbe essere – argomenta – un’azione civile di risarcimento del danno in cui l’illiceità della morte è tutta da provare, e con tutti questi precedenti penali e internazionali mi sembra una strada molto in salita.
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«Sono sentenze difficili – commenta, infine, l’esperta di diritto -, con soluzioni giuridiche “borderline”; questa (che sul punto essenziale, quello della legittima difesa, conferma la precedente), credo rappresenti un elemento positivo per l’Italia. Contempla le eccezioni al divieto di uccidere, applicandole in un contesto tragico, e ci dice che in certe situazioni questo si può verificare. E ribadisce che lo Stato è l’unico detentore legittimo della forza, confermando, al contempo, i numerosi aspetti sotto i qualiha l’obbligo di proteggere la vita. Non sotto l’aspetto negativo – l’obbligo di non causare la morte -, ma sotto quello positivo, ovvero di predisporre tutte le misure necessarie per salvaguardare la vita umana».