Un primo studio promettente per una terapia efficace contro gli effetti negativi della sindrome di Down è stato eseguito in Spagna. Ovviamente non ne parla nessuno. Il sito della Fondazione Jerome Lejeune riporta che la notizia è stata data a un congresso scientifico: dopo dei promettenti studi sui topi, il farmaco è stato testato su dei soggetti con sindrome Down, con effetti chiaramente apprezzabili sulla memoria e l’intelligenza.



Come ben sappiamo, una rondine non fa primavera, e ben altri studi serviranno per valutare se questo approccio è davvero efficace o una speranza presto delusa. Le Figaro del 5 aprile, riportando l’avvenimento spiega che, visti gli esiti incoraggianti di questo studio pilota fatto su 30 pazienti, i ricercatori spagnoli che lo hanno condotto vogliono iniziarne uno multicentrico internazionale.



Siamo felici della notizia, ma siamo anche stravolti al pensiero che nessuno ci abbia pensato prima! In Francia ci sono più di 50.000 malati di sindrome Down, e considerando che oltre il 90% viene eliminato prima di nascere, si capisce una cosa: nei fatti la sindrome Down, che colpisce circa un bambino su 700, finisce per diventare una malattia rara, perché non nasce più nessuno che ne sia afflitto; e come le altre malattie rare non riscuote l’attenzione che merita.

Ed è un dramma, perché una società civile dovrebbe avere i disabili al primo posto; poi le auto blu. Invece, in pratica, non c’è nessuno che faccia ricerca sulla sindrome Down per curare i malati; ma ci sono decine che fanno ricerca per trovare nuovi sistemi per non farli venire al mondo: test sempre più precoci, sempre più alla moda, incuranti della contraddizione che fino a quando non si inventavano un modo per fare diagnosi di feto down nel sangue materno, i rischi dell’amniocentesi venivano sussurrati sui giornali, ma ora che l’amniocentesi deve forse passare la mano a un sistema alternativo, i rischi vengono sbandierati. Ed è un dramma perché la società che non vuole bimbi Down in giro riversa il ruolo di sceriffi genetici sulle spalle delle donne, che sorvegliano che questi “clandestini genetici”, le persone Down, non approdino sulle coste della vita postnatale.



Speriamo, però, che gli studi della professoressa Mara Dierssen, del Centro sulla regolazione genomica di Barcellona, diano i risultati sperati. Perché i ragazzi Down sono in via d’estinzione: nessuno si augura di avere un figlio malato, ma il nemico da combattere è la malattia, non il malato stesso! E i loro genitori sono guardati come folli se li lasciano nascere: e anche in questo caso, perché non battersi per aiutare le famiglie dei disabili invece di ostracizzarle come bigotte e anacronistiche? Sarebbe il segno che la società ha ancora un seme buono e che la medicina serve davvero a curare e non a far la guardia sulle porte della vita.