«Bisogna creare maggiore comprensione fra persone di diversa fede religiosa; in un clima più disteso le denunce diventeranno più rare. Io lo dico sempre ai miei amici, sia musulmani che cristiani: l’islam non è una religione che esalta l’omicidio, Maometto ha perdonato molto nella sua vita, e non ha mai chiesto che chi l’offendeva venisse messo a morte».
Lo afferma Paul Bhatti, responsabile governativo per le politiche delle minoranze religiose del Pakistan e fratello di Shahbaz, ministro cattolico per le minoranze religiose assassinato il 2 marzo scorso per aver difeso Asia Bibi e per aver criticato la legge sulla blasfemia.
In un’intervista rilasciata a Rodolfo Casadei, pubblicata sul numero 16 di Tempi, in edicola da oggi giovedì 21 aprile, Paul parla del rapporto con il fratello ucciso e del nuovo incarico che gli è stato assegnato dal governo. Bhatti punta sul dialogo interreligioso e non nega di aver paura: «È possibile che a me capiti qualcosa di simile a quello che è capitato a mio fratello, perché purtroppo il nostro non è un paese pacifico. Affido il mio destino a Dio e cerco la forza nella fede: la paura non mi impedirà di proseguire l’opera di Shahbaz. In fondo, un giorno bisogna morire di qualcosa. Meglio se si muore anche per qualcosa».



Nel prossimo numero di Tempi da non perdere anche l’articolo di Berlicche, che in vista della Pasqua, si arrende al mistero del Creatore che «si è fatto creatura per poter morire»: «Nell’incarnazione Egli è diventato una cosa sola con Adamo. E compiendo l’atto estremo dell’amore, discendendo negli inferi, prende per mano tutti gli uomini in attesa e li porta alla luce».
E poi ancora, Alfredo Mantovano sulla gestione degli immigrati, mons. Rino Fisichella sul libro del Papa, le nozze del secolo tra Kate e William e Fred Perri che redarguisce calcisticamente quei piagnoni dei napoletani.

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