Sono stati definiti “manifesti shock”: sono i grandi poster che appaiono in alcune città italiane tra cui Milano, nel centralissimo Corso Buenos Aires. Un volto in primo piano, di persona anziana, apparentemente malata, e una scritta: “Lasciatemi morire in pace”. Nel manifesto appaiono anche i dati del Rapporto Italia 2011 dell’Eurispes secondo cui due italiani su tre sono favorevoli all’eutanasia legale. Ma non è una campagna pro eutanasia, o almeno non è quello l’obiettivo principale. Si tratta della campagna nazionale di affissioni in cui si chiede di versare il 5 per mille all’Associazione Luca Coscioni, la quale fra le altre cose si batte per il riconoscimento legale dell’eutanasia. I responsabili dell’Associazione hanno così spiegato i manifesti: “La campagna di quest’anno verterà in particolare sulla libertà e responsabilità individuale nelle scelte di fine vita, a favore dell’eutanasia legale contro l’eutanasia clandestina”. Le immagini del manifesto riprendono il protagonista dello spot televisivo australiano per la legalizzazione dell’eutanasia realizzato da Exit International. Abbiamo chiesto ad Alberto Contri, Presidente della Fondazione Pubblicità Progresso e uno dei massimi esperti in Italia di pubblicità, un parere su quella che i media hanno definito “pubblicità shock”.



Come giudica la scelta di associare a una campagna per il 5 per mille un’immagine shock pro eutanasia?

La Costituzione tutela il diritto a diffondere le proprie idee, e quindi da questo punto di vista non c’è nulla da dire. Bisogna fare molta attenzione però a non confondere i piani. Né l’immagine né il testo parlano di eutanasia, semmai sembra l’invito a evitare l’accanimento terapeutico.



A riguardo, Eugenia Rocella, sottosegretario al Ministero della sanità, ha detto: ”Ai radicali, dai quali molto ci divide vanno però riconosciuti la trasparenza e il coraggio delle proprie opinioni. L’esplicita campagna sull’eutanasia attuata in questi giorni con lo scioccante manifesto che chiede anche il sostegno dei fondi del 5 per mille ne è un esempio”. Cosa ne pensa?

Ribadisco che la fattispecie pubblicitaria non è quella descritta. Il cortocircuito mediatico avviene perché è noto che l’associazione Coscioni fa battaglie pubbliche a favore dell’eutanasia, ma nel manifesto non si ritrovano elementi riconducibili a questa tematica. Non vedo poi perché pur proponendosi obiettivi che molti ritengono inaccettabili, l’Associazione Luca Coscioni non possa proporsi per il 5 per mille.



Ritiene che sia un manifesto che lascia agli italiani la possibilità di giudicare le cose come stanno, senza fare confusione tra i termini? Eutanasia con accanimento terapeutico, ad esempio…

Poiché qui siamo tecnicamente proprio nel campo della propaganda, è noto che questa tecnica cerca il più delle volte di colpire sotto la cintola invece di usare il ragionamento. Vero è che con tutta probabilità siamo in presenza di una grande astuzia per cercare di confondere i piani: il manifesto appare in tutto e per tutto un accorato appello contro l’accanimento terapeutico, ma è promosso da una associazione che da sempre fa propaganda per l’eutanasia. Sicché per una sorta di proprietà transitiva si potrebbe essere portati a pensare che eutanasia e interruzione dell’accanimento terapeutico siano la stessa cosa.

Come giudica l’efficacia di questa pubblicità da un punto di vista tecnico?

A mio avviso sicuramente la gran massa del pubblico potrebbe non capire di primo acchito il messaggio. Mi sembra più una campagna rivolta a chi è interessato ad approfondire davvero la questione, che credo costituisca una minoranza della popolazione. La potenziale perversità, se così si può dire, risiede nel fatto che il manifesto rimanda ad un video tradotto reperibile su youtube, in cui lo stesso personaggio del manifesto promuove direttamente l’eutanasia. E’ nell’abile confusione di questi due piani che si può riscontrare una sorta di dolo intellettuale: ma che si vuole pretendere da chi ha fatto e fa da sempre del relativismo etico la propria bandiera culturale?