“La tenerezza di Dio si rivela quando il mio bambino mi accarezza il lobo dell’orecchio”. Così Gina Codovilli descrive un vero e proprio miracolo, il miracolo che le è accaduto, quello di accettare l’irruzione di una misericordia inaspettata nella sua vita. Lo descrive in un libro dal titolo eloquente e chiarificatore Il mio Principe – soffrire, crescere, sorridere con un figlio autistico (Ed. Itaca, Castel Bolognese 2010).



Quando Gina scopre di aspettare il terzo figlio ha quarant’anni e dopo due maschi è convinta che sarà una femmina. E il classico cliché dello scambio di cartelle cliniche le fa credere che sia proprio così. Comincia a fantasticare, a sognare, a fare progetti… ma la realtà non è esattamente come la progettiamo. Il figlio è maschio, ma non è questo il dramma ovviamente. Quando ha 10 mesi un medico le dice “Vostro figlio è autistico. Ha già dato tutto quello che poteva dare”. Per Gina è una sentenza di condanna cui non riesce però a rassegnarsi. “Si può camminare con le gambe di pezza?” si chiede uscendo dallo studio del medico. Gina non molla, le prova tutte per risvegliare il figlio dal “fatale incantesimo” che lo tiene rinchiuso in un mondo tutto suo.



Idroterapia, musicoterapia, logopedia, psicoterapia, ippoterapia, delfino terapia (Andrea ha nuotato con Ulisse, il delfino, prima che diventasse il protagonista di uno spot). È difficile accettare una realtà così dura e ostile: “Lui se ne frega di tutte le strategie che metto in atto per richiamare la sua attenzione e continua imperterrito a sfarfallare la sua mano davanti al viso. Il suo mondo arriva lì, alla sua mano: oltre non c’è nulla.” Sembra non esserci la possibilità di comunicare. La mancanza della comunicazione verbale è l’aspetto della patologia di Andrea che rimane per Gina la più misteriosa, ed è anche quella che la fa soffrire di più. “Quale sortilegio malvagio gli impedisce di parlare? Quale incantesimo perverso trattiene le sue paroline nel labirinto inestricabile da cui non riescono a venire fuori?”



Dall’autismo non si guarisce. Ma questo non significa che non si possa fare proprio nulla. Si può fare ad esempio come Gina, che lotta affinché suo figlio possa frequentare la scuola, coinvolge educatori, insegnanti, direttori, presidi e insieme ad alcuni di loro (che chiama angeli) riesce a costruire per ogni fase scolastica un percorso educativo e riabilitativo che tenga giustamente conto di suo figlio, delle sue attitudini, delle sue preferenze, della sua persona. E infatti Andrea risponde a questo percorso.

Commovente la pagina in cui Gina racconta della recita di fine anno scolastico, quando Andrea irrompe sulla scena volteggiando sui pattini a rotelle come un ballerino provetto. O quella in cui guardando dal balcone suo figlio che parte a razzo in bicicletta con il padre pensa “so che al suo ritorno avrà fatto fuori un altro paio di scarpe; infatti rallenta e si blocca usando la punta dei piedi poiché non ha ancora appreso il meccanismo della fermata coi freni… mi inteneriscono le sue calzature bucherellate: sono il segno evidente del suo combattuto contatto con la realtà”.
Oggi Andrea ha 23 anni e si è diplomato un anno fa all’Istituto alberghiero. Potrebbe addirittura lavorare come cameriere in alcuni contesti. 

Un bellissimo esempio di sussidiarietà, come descrive Gina in un passaggio del libro, la possibilità che viene data ad Andrea non è appena un contentino per una madre insistente e combattiva “…Ma è una vittoria per la scuola tutta, intesa come comunità educativa al servizio dei cittadini. È la dimostrazione, infatti, che le istituzioni possono dare risposte flessibili se chi le rappresenta non si trincera dietro la staticità delle leggi. Perché non esistono normative o regolamenti inamovibili. Esistono persone di buona volontà che, con un po’ di coraggio e di buon senso, possono fare grandi cose. Basta lasciarle esprimere liberamente. Penso che solo le leggi divine o quelle della natura siano inviolabili: quelle umane, volendo, si possono aggiustare”.
Il diario Gina riconosce e svela in questo dramma (perché la drammaticità rimane), raccontato con sincerità, verità e un pizzico di ironia, il sacrificio d’amore che ogni genitore compie nell’accettare il dono che il figlio è, sano o diversamente amabile che sia (parole sue). “Andrea a cavallo assomiglia a un piccolo lord inglese. Ha pure quell’aria giusta, un po’ distaccata e snob, un po’ annoiata e assente da vero principe”.
E pensare che aveva dato tutto. Il 2 aprile per le Nazioni Unite è stata la Giornata Mondiale per l’Autismo e io ho per le mani la bellissima storia di Gina e Andrea. Non posso non raccontarla a tutti.