A margine del “matrimonio del secolo” dei reali inglesi nessuno si è stupito di un fatto, cioè che Kate Middelton si sia sposata a quasi 30 anni contro i 20 della defunta suocera. Già, cosa c’è da stupirsi? In apparenza niente, perché è così che va il mondo. Ma davvero nessuno trova strano che ci si sposi a 30 anni? Penso che chi legge starà pensando: “Certo, poteva aspettare ancora un po’ e vivere la giovinezza”… ed è proprio qui il punto: oggi sposarsi a 30 anni sembra “troppo presto”; pochi anni fa era “troppo tardi”. Tanto che Diana Spencer si sposò nel 1980 a 20 anni, e nessuno ci trovava niente di strano. Oggi la prenderebbero per matta! Progresso o regresso?
Rimandare la maternità (e le nozze) è la norma; e non ci vengano a dire che dipende dal lavoro o dalla scuola, perché non ci sono i soldi: Kate Middleton e quelle come lei non sono impiegate part-time, eppure rimandano nozze e figli proprio come chi ancora cerca impiego. Rimandare la maternità fa male: genera sterilità, genera rischi di malformazioni, di danni alla madre, di aborti spontanei. Ma questo nessuno lo dice.
Oggi fare un figlio da giovane sembra una stravaganza, tanto che sta montando una protesta delle giovanissime che ogni anno in numero maggiore aspettano un figlio da teenagers. E tutti a guardarle male, moralisticamente additandole come immorali, e non – come sarebbe successo anni fa- perché hanno fatto sesso, ma perché hanno fatto un figlio! È uno shift pauroso, quello accaduto negli ultimi 50 anni, con la procrastinazione della maternità che non è legata a motivi economici, ma culturali: figli rimandati all’infinito e, per carità, uno solo!
Nei secoli scorsi non era immorale o stravagante e vergognoso sviluppare una voglia di famiglia da giovani, quando l’orologio biologico ci dà i segnali che è ora: d’altronde la Giulietta di Shakespeare sposava Romeo (e moriva d’amore) a 14 anni! E nessuno ci trovava da ridire sull’età. E 14 anni aveva la bella Esmeralda di Victor Hugo, e nessuno si stupiva della sua indipendenza, mista a forza e pudore.
Il 5 maggio, al congresso “Reproductive ageing: a basic and clinical update” promosso da Serono Symposia International Foundation (Ssif), Antonio Pellicer, ginecologo ed esperto di fertilità dell’Università di Valencia spiegava che l’aumento dell’aspettativa di vita si accompagna oggi a un notevole mutamento nella posizione sociale e professionale della donna che ha portato, come conseguenza, alla scelta di ritardare il momento del concepimento: “Il 50% delle pazienti che ricorrono a trattamenti per l’infertilità deve affrontare le conseguenze dell’invecchiamento: il risultato è che oggi l’età della donna è la prima causa di infertilità”.
Non voglio invitare nessuno a progettare un figlio a 16 anni; ma domandiamoci perché oggi chi fa un figlio a 40 anni è normale e chi lo fa a 20 (come Lady Diana, cioè quando ovaie e ormoni sono al massimo) è matto? È una cultura che ci strappa 10-20 anni di capacità riproduttiva, e ci propone un ideale di realizzazione solo in certi termini di carriera e soldi. Certo, per le donne prima la realizzazione erano solo i figli, ora è solo la carriera: ma non sarebbe bello trovare un sano equilibrio, che sta nel dare a chi vuol fare la mamma tutti gli strumenti per farlo al momento giusto (e soprattutto quelli di una cultura che non la prenda per matta) e altrettanto a chi vuol far carriera?