Ricorre oggi il 30° anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II. Era infatti il 13 maggio del 1981 quando un sicario turco, Alì Agca, che si era mischiato alla folla dei pellegrini raccolta in piazza San Pietro in Roma, sparò contro di lui con una pistola Browning calibro 9 dalla distanza di tre metri e mezzo circa colpendolo due volte. C’è una sintomo sicuro dell’importanza cruciale di un avvenimento storico altamente drammatico: il fatto che i contemporanei che non ne furono testimoni diretti ricordino tuttavia in ogni particolare il luogo e le circostanze in cui ne ebbero notizia. Ricordo che, nella generazione precedente alla mia, era questo il caso dell’8 settembre 1943, l’armistizio annunciato d’improvviso e irresponsabilmente dal mai abbastanza esecrato generale Pietro Badoglio. Ognuno ti diceva come e dove ne aveva avuto la notizia, e che cosa stesse facendo quel momento. Nella mia generazione ciò vale più o meno per due eventi: l’attentato a Giovanni Paolo II e quelli dell’11 settembre 2001 conto le Torri Gemelle di New York, il Pentagono ecc.
Per quanto riguarda me, ricordo come se fosse oggi che mi trovavo in treno, in viaggio verso Udine, circa all’altezza di Treviso; che il capotreno passò a darne notizia ai passeggeri (la pan-comunicazione immediata oggi resa possibile dai telefonini era ancora di là da venire); che arrivato a Udine raggiunsi subito la cattedrale già piena di persone che, come me, spontaneamente erano accorse a pregare per la salvezza del Papa. Come è noto Giovanni Paolo II sopravvisse e fu papa ancora per un quarto di secolo: una sopravvivenza che ebbe del miracoloso e in cui egli stesso vide la mano protettrice della Madonna. Era quel giorno l’anniversario dell’apparizione della Vergine a Fatima. Giovanni Paolo II farà poi incastonare nella corona della statua della Vergine appunto di Fatima il proiettile che gli aveva causato una ferita umanamente ritenuta mortale.
Non è certo il caso qui di delineare ancora una volta la figura complessiva di questo gigante della fede e della storia. Nella circostanza recentissima della sua beatificazione ciò è già stato fatto così tanto e così autorevolmente che c’è ben poco da aggiungere. Limitandomi perciò soltanto a qualche riflessione sull’attentato e sul suo miracoloso fallimento, e restando nel mio campo di commentatore di eventi che attengono alle cose non del cielo ma della terra, mi sento in dovere di sottolineare tuttavia qualcosa che tanti, forse troppi, decenni di egemonia del marxismo per un verso e di storicismo per un altro hanno irragionevolmente messo in ombra: l’indubbia rilevanza nella storia di fattori che non quadrano se si esclude a priori la presenza di Qualcosa, di Qualcuno che sfugge a ogni nostra possibile classificazione. Il caso del fallimento dell’attentato a Giovanni Paolo II è certamente uno di questi.
In tale prospettiva un altro fattore che merita rinnovata attenzione è il ruolo nella storia di singole personalità che, grazie a qualità umane e intellettuali d’eccezione, contribuiscono in modo evidente e decisivo ad accelerare svolte epocali, nonché ad annullare o comunque a mitigare le drammatiche turbolenze che tendono a caratterizzare le epoche di transizione. Beninteso le forze della storia esorbitano in ultima analisi la capacità di governo di singoli uomini. Ciò fermo restando, non è di poco peso quanto personalità come quella di Giovanni Paolo II possono fare perché una grande transizione avvenga in modo tempestivo e non catastrofico: come tipicamente egli fece nel caso del tramonto del “socialismo reale”.
Come già ho avuto modo di recente di scrivere altrove, c’è un titolo straordinario e rarissimo che assegna la vox populi: il titolo di “Magno”, ossia di grande, ma qui in senso assoluto. Si riconosce questo titolo a personalità che non solo sono state assolutamente eccezionali, ma anche hanno segnato e caratterizzato l’inizio di un’epoca. Carlo V fu una figura gigantesca: con lui però un’epoca non si aprì ma si chiuse. E infatti, diversamente da Alessandro e da Carlo, la vox populi non lo riconobbe come “Magno”. Tra i papi sono “Magni” Leone e Gregorio. Penso che in futuro verrà riconosciuto tale anche Giovanni Paolo II, il papa che con il suo cruciale “Non abbiate paura!” ha aperto l’epoca oggi chiamata provvisoriamente post-moderna, in attesa che i nostri discendenti le diano il suo nome definitivo.