Dopo la polemica sui ritardi dei soccorsi nel caso di Lamberto Sposini la giornalista del Fatto Quotidiano, Silvia D’Onghia, ha condotto un’inchiesta sulla velocità dei soccorsi. La giornalista racconta la sua notte trascorsa in un ospedale romano tra infartuati e senza tetto. La giornalista denuncia la carenza del personale. “Gli infermieri sono quattro, uno in meno rispetto ai turni mattina-pomeriggio: dovrebbero essere 6-6-5, ma i tagli alla sanità significano anche questo. I medici sono tre: un internista, un ortopedico, un chirurgo. Così capita che, se c`è un brutto incidente stradale, bisogna chiamare l`altro chirurgo reperibile e augurarsi che il paziente non muoia nel frattempo”.
Pronto soccorso non significa solo disservizi, carenza del personale e ritardo dei soccorsi, ma anche molti scocciatori che continuano a venire e chiedere notizie con insistenza, si innervosiscono se vedono altre persone passare avanti, sfogano sul personale sanitario la propria tensione e sofferenza. Un lungo sabato notte, in mezzo a ubriachi che arrivano anche a picchiare gli infermieri. E poi molta gente che arriva in stato di agitazione, magari solo per un labbro un po’ sanguinante.
E quando le ore si fanno piccole si vede l’impensabile: come l’ultima trovata dei ragazzi per sballarsi, infilarsi la vodka negli occhi.



“Si fanno le 4. ‘Aò, strano che so` tutti sobri’. Un infermiere non fa in tempo a dirlo al collega che si presenta una coppia di ventenni. Parla lei, pupille dilatate e bocca impastata: ‘Siamo stati finora in un discopub e ora sento un rumore metallico nell’orecchio’. Nelle notti romane questi due sono i più normali.
Perché c’è persino chi si infila la vodka nell`occhio (la mucosa assorbe prima): coma etilico e retinabruciata. Così, tanto per sballarsi un po’”.

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