È morto il 19 aprile a 88 anni agli Ospedali Riuniti di Bergamo, Gervasio Chiari, fondatore nel 1957 della Sebino Bambole. Alpino, reduce della battaglia di Nikolajewka (meritò anche una medaglia d’argento) nel Dopoguerra fondò a Pilzone d’Iseo la sua azienda che nel 1960 trasferì a Cologne il suo paese natale. Dallo stabilimento di via Antonelli nei primi anni ‘60 uscì il “Cicciobello”, il bambolotto per antonomasia, mito e delizia di generazioni di bambine.
Ma cosa ne è di Cicciobello? Se ne sono perse le tracce dall’immaginario e dalla pubblicità. Eravamo soliti vedere bambine che giocavano per ore con questo bambolotto; ora non più: negli spot il bambolotto è stato rimpiazzato da Barbie, Bratz, Winx, cioè dalle giovani pseudo anoressiche che sostituivano il modello bimba-futura-madre, con quello bimba-futura-modella. E non sappiamo se fosse meglio un modello culturale o l’altro: entrambi davano un significato omologante, da cui non ci si tirava fuori, proprio come i maschietti giocavano prima tutti coi fucili, poi tutti con i videogame (che evoluzione!).
Ma Cicciobello è “missing in action”: resistito all’attacco delle Barbie, affoga sotto una nuova moda. Quale? Basta accendere il teleschermo: i bambolotti-cagnolini. Le scarpe, quelle coi tacchi per bambine di 8 anni, hanno annessi gadget animali di stoffa; le raccolte di figurine dei “piccoli amici”, i pupazzetti di cani gatti e criceti, spopolano, dilagano, hanno un enorme e meritato mercato, la tv ne è inondata. L’immaginario familiare ha sostituito il bambino col cane e ora educa le bimbe a giocare non più con le bambole, ma con le immagini di cagnolini, a dedicarsi, adorare, nutrire con ogni bene non più i bimbi, ma i cani.
La sostituzione del bambolotto-bambino col bambolotto-cagnolino è un fenomeno epocale. È un terremoto educativo: sparisce dall’immaginario l’idea di un fratellino o di un figlio (almeno nei prossimi 20 anni) e lo sostituisce Fuffi. E anche questo fa pensare, perché il cane da compagnia non esisteva fino a 60 anni fa: i cani servivano per seguire le pecore, i gatti per cacciare i topi, per questo giravano per casa.
L’animale diventato “animale da compagnia” è un indicatore culturale di una società che sostituisce i bambini con i chihuahua, i quali – a differenza dei bambini – si comprano, si vendono, e purtroppo si abbandonano, si rinchiudono sul balcone senza tanti scrupoli. E stiamo educando i nostri figli a questo shift, a questo tsunami generazionale: via l’idea di avere fratellini dalle teste dei piccoli: arriva Fuffi!
La parabola discendente di Cicciobello è la parabola discendente della società occidentale, che coccola i cani e sviluppa una sempre più chiara pedofobia, cioè un’avversione all’idea stessa di “figlio”, cioè di un essere che si abbraccia senza esserne “padroni”. E crediamo che dalla pedofobia, cioè dall’idea del bambino come oggetto, come diritto o come scelta, alla pedofilia malvagia il passo culturale non è obbligato, ma è breve.