In Italia per la produzione di energia elettrica nucleare non c’è e non ci sarà spazio. Tre anni orsono, quando si ricominciò a parlarne anche nel nostro Paese, in fondo lo sapevamo: basterà un solo incidente ad un impianto nucleare, anche senza vittime, un solo errore, che questa tecnologia verrà sepolta. Così è stato. L’inferno che si è scatenato attorno a Fukushima (reale e mediatico) ha segnato la volontà e la decisione popolare di bloccare totalmente questa forma di produzione dell’energia.
Hanno votato in tantissimi, compatti. Gli oppositori hanno stravinto, soprattutto convincendo gli italiani a recarsi alle urne. “Così non avremo una nuova Chernobyl”. Che tenerezza. Libri, articoli, riflessioni, approfondimenti, analisi, nulla hanno potuto contro lo tsunami televisivo e la disinformatija. Il referendum, dicono, è la democrazia. Dispiace per coloro che per mezzo secolo hanno messo tutto il loro ingegno nella ricerca e nell’industrializzazione dell’energia atomica. Per la validissima scuola italiana che ha seguito le orme di Enrico Fermi. Chiuso.
Ma l’informazione che è stata data negli ultimi due mesi sull’energia nucleare dalle televisioni e dai giornali nostrani, qualcosa lascia a desiderare.
Alla voce delle persone competenti (ed in Italia sono di alto profilo) si è preferita quella dei cantanti, al pensiero degli esperti si è sostituito quello dei catastrofisti. Hanno zittito la voce di chi avrebbe potuto spiegare come si sono superati i rischi sismici, come si smaltiscono le scorie nel resto del mondo, quanto vale il kWh prodotto dall’atomo, di chi avrebbe potuto parlare dei rischi sottesi alle radiazioni, dei criteri di qualità e di sicurezza applicati, e molto altro ancora. Per una cinica e spietata opportunità politica era necessario che la grande paura nucleare portasse gli italiani alle urne per raggiungere l’agognato quorum.
Resta il piccolo “caso” di una lettera non pubblicata. La lettera che i docenti delle università italiane nelle quali ancora esiste una competenza didattica e di ricerca all’avanguardia sul nucleare, hanno inviato giovedì 9 giugno ai sei principali quotidiani nazionali (Corriere, Repubblica, Sole24Ore, Unità, Messaggero, La Stampa). Nessuno di questi ne ha dato notizia.
Caro Direttore,
da scienziati desideriamo esprimerLe la nostra preoccupazione per la deriva politica dell’informazione sul referendum sull’energia nucleare, nel periodo cruciale che precede il voto degli italiani. Pensiamo che ci sia stata una grave mancanza nel predisporre e favorire un’informazione scientificamente e tecnicamente fondata e argomentata per i cittadini.
Siamo preoccupati dal ruolo di secondo piano nel quale scienza e tecnologia sono state relegate, e soprattutto dalle gravi ripercussioni che un pronunciamento sul nucleare nell’attuale scenario internazionale potrà avere. Si rischia che non venga data risposta ad alcune fondamentali necessità del Paese:
– che l’Italia mantenga una adeguata capacità di ricerca e sviluppo nel settore nucleare e in particolare nella sfera della sicurezza,
– che l’Italia partecipi attivamente alla valutazione della sicurezza delle centrali nucleari europee attraverso gli “stress test”, soprattutto per i reattori collocati a poca distanza dai confini nazionali,
– che l’Italia si impegni in una simile azione a livello internazionale sui nuovi reattori di III generazione avanzata,
– che i risultati di queste azioni vengano adeguatamente comunicati ai cittadini italiani, avviando una seria ed ampia azione di informazione,
– che il legislatore, così come i nostri concittadini, possano tener conto di queste valutazioni nella formulazione delle loro convinzioni e delle loro decisioni, finalmente informate.
Siamo convinti che il problema energetico sia molto complesso, che non esistano scorciatoie e facili soluzioni e che occorra investire in ricerca su tutte le fonti energetiche, per assicurare rispetto dell’ambiente, economicità, progresso e salvaguardia di un bene imprescindibile qual è l’energia.
È fondamentale non precludere in modo unilaterale l’opzione nucleare come accaduto nel 1987: anche allora come oggi scelte strategiche sono state prese sulla scia del panico suscitato da un evento drammatico, con le note conseguenze scientifiche ed economiche per il Paese.
Siamo certi che in una decisione essenziale per il futuro qual è quella sulle energie, gli aspetti scientifici e tecnici debbano essere adeguatamente considerati, senza pregiudizi ed emozioni, pur umanamente comprensibili.
Grati per lo spazio che vorrà dare al nostro pensiero,
Il Presidente ed i rappresentanti del CIRTEN (Consorzio Interuniversitario per la Ricerca Tecnologica Nucleare)
Prof. Giuseppe Forasassi, Università di Pisa
Prof. Maurizio Cumo, Università “la Sapienza” Roma
Prof. Bruno Panella, Politecnico di Torino
Prof. Marco Ricotti, Politecnico di Milano
Prof. Marco Sumini, Università di Bologna
Prof. Giuseppe Vella, Università di Palermo
(CIRTEN è il consorzio che riunisce tutte le Università italiane nelle quali vengono ancora insegnate la scienza e le tecnologia nucleari, e dove ricercatori e docenti svolgono attività di ricerca e di collaborazione internazionale sugli usi pacifici delle radiazioni, ndr)