Riccardo Bianchi, 21 anni, ora si trova nel V reparto del carcere di San Vittore, domani sarà interrogato per l’omicidio di Ilaria e Gianluca Plummeri, i due fratelli seviziati a Milano. E che erano un amico e la fidanzata dell’assassino. Riccardo è guardato a vista. Non ricorda molti particolari del duplice omicidio. Nella notte tra mercoledì e giovedì ha tolto la vita all’amico e coetaneo Gianluca Palummieri, dopo aver trascorso la serata con lui, infliggendogli  24 coltellate. Poi, si recato dalla sorella della vittima, Ilaria, la sua ex. L’ha seviziata per ore e, infine, l’ha soffocata. Gli inquirenti cercano di chiarire il contesto, individuare cosa possa aver spinto li ragazzo a simili azioni. Cercano un movente. Che tuttavia, non potrà mai sostituire una spiegazione profonda ed esaustiva di quanto accaduto.
«E’ qualcosa che ha a che fare con il sentimento dell’orrore, anche se di questo orrore bisognerà capire qualcosa in più, pur sapendo che, quando vi si guarda dentro, si guarda dentro un abisso,  dentro una vertigine». è la reazione a caldo di Alessandro Meluzzi che, interpellato dal IlSussidiario.net, commenta la vicenda. «E’ molto difficile pensare che si possa far cose talmente atroci prescindendo totalmente dalla categoria del mistero», afferma, precisando il senso delle sue parole.
«Di fronte ad un delitto così efferato, ad un atto così spaventoso, ad un abisso di male così irrevocabile e totale, radicale e assoluto, c’è qualcosa che ci fa pensare all’ideologia del male e al suo principio. Al Principe del male. Così come, allo stesso modo, pensiamo che la bellezza, il bene, la verità, siano un mistero del Divino». In sostanza, sarebbe estremamente riduttivo sostenere che Riccardo sia, semplicemente, matto. «Sicuramente  – prosegue Meluzzi – lo è, ma bisogna capire di che tipo di follia stiamo parlando». Secondo lo psichiatra «non si può abusare delle categorie psicopatologiche come se bastassero a sublimare il tema del male». Significherebbe che tutti coloro che delinquono o non agiscono rettamente, sono matti.
«Questo – dice – lo pensavano gli scienziati sovietici negli anni ’50. Dal momento, infatti, che il socialismo era stato introdotto e realizzato come il paradiso in terra, chiunque non agisse in maniera adeguata al contesto “felice” in cui si viveva e compisse il male, doveva essere pazzo».
Senza gli eccessi della psicoterapia sovietica, il problema di molte analisi è che non tengono conto del fatto che «la salute mentale non può esprimere le categorie dell’essere. Se no, attraverso questa visione, possiamo sostenere che Hitler non fosse cattivo ma fosse stato un bambino abusato». Tornando al fatto di cronaca, «il 21enne, tutto sano non sarà. Questo, tuttavia, non significa che abbia una malattia che rende incapaci di intendere e di volere e che oscuri la coscienza delle proprie azioni, come la schizofrenia o il disturbo bipolare. Può avere un male dell’anima. La società che nega le malattie dell’anima e si ferma sempre a quelle del cervello, rischia di non capire niente del mistero del male e di un caso del genere».



 

In effetti, persino nelle stesse modalità di esecuzione del delitto (24 coltellate) c’è qualcosa che va al di là della ragione. «Il ragazzo non ha manifestato solamente il voler uccidere l’amico. C’è stata la volontà di annientarlo, distruggerlo, frammentarne il corpo, e scaricare tutto l’odio, il rifiuto e la paura che l’evento può aver scatenato». Assisteremo all’ennesimo “Criminality”. Meluzzi è convinto di no. «Hanno già trovato il colpevole. E’ difficile quindi, che ci possano essere gli estremi per l’ennesimo “Criminality”. Manca, in sostanza, l’elemento che potrebbe tenere aperto il giallo a lungo».



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