I pm di Milano, Pietro Forno e Antonio Sangermano, nel loro intervento di fronte al Gup, hanno avuto parole durissime nei confronti di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, idagati per induzione e sfruttamento della prostituzione. Nel chiedere per loro il rinvio a giudizio nell’ambito del caso Ruby hanno parlato di un «bordello», riferendosi al «sistema per compiacere Silvio Berlusconi» messo a punto dai tre. In particolare, i ruoli erano suddivisi secondo una logica ben precisa: Mora, l’agente dei vip era «l’arruolatore», procurava le ragazze; Fede, il direttore del Tg4, «il fidelizzatore», valutava l’affidabilità delle persone invitate, la loro riservatezza e la disponibilità a prestarsi sessualmente; la Minetti, consigliere regionale del Pdl, amministrava il tutto. I tre, a detta dei pm, avrebbero dato vita ad «un sistema strutturato per fornire ragazze disponibili a prostituirsi» avvalendosi della «mercificazione della fisicità della donna» oltre che della «mortificazione della dignità femminile». Intanto, Ambra Battilana e Chiara Danese, le due ragazze che tempo addietro si erano recate in procura per raccontare di una serata ad Arcore a cui avevano preso parte, e dalla quale ne erano uscite sconvolte si sono costituite parte civile. Hanno lamentato un danno di immagine e morale, perché sono state considerate escort.
Il Gip ha accolto la loro richiesta, in ragione del fatto che avrebbero «subito un danno non patrimoniale costituito dalla profonda ed enorme sofferenza subita» perché chi le ha considerata tali le ha invitate il 22 agosto scorso ad Arcore inducendole a prostituirsi. Hanno chiesto, inoltre, un risarcimento materiale per la «perdita di chance lavorative».