In principio fu Vissani: grande cuoco e anche volto televisivo, con comparsate e ospitate che lo hanno visto persino come conduttore. Vissani, insomma, ha creato un genere: il cuoco divo, ma più della genie del Grande Fratello che di quella dei grandi di Francia, poco inclini ad apparire in situazioni nazionalpopolari. Oggi il divismo del soffritto è sotto gli occhi di tutti, quasi come una meta da raggiungere per le nuove generazioni ai fornelli. E’ un bene, è un male?
Dicono che la ricetta è un ingrediente essenziale del giornalismo e della comunicazione: rassicura, corrisponde, viene riconosciuta. Chi guarda le trasmissioni culinarie molto spesso è gente che non cucina: ma guardando come si fa è come se si convincesse che in qualunque momento, con grembiule a padella, ce la si può cavare egregiamente.
E invece non è così, perché la passione è diversa dal pensiero: la passione è metodo, applicazione, impegno. Detto questo, i cuochi televisivi stanno rischiando di tradire qualcuno di molto importante: il cliente, quello che li ha resi famosi, che passava il nominativo del ristorante agli amici, che pagava volentieri. Come si sente oggi quel cliente che, recandosi al ristorante non trova più il cuoco?
E’ come uno che decide di andare una sera a teatro e gli fanno vedere lo spettacolo su un teleschermo. E’ la stessa cosa? Vale il medesimo prezzo? Suvvia!
Venerdì scorso, quando la gente comincia a mettere fuori il naso per i primi week end lunghi, il mio sodale di critica gastronomica Marco Gatti s’è fatto tre ore di viaggio di andata e tre di ritorno. Era un ristorante rinomato (anche “stellato” dicono, secondo una categoria che io non riconosco), ma quando il nostro è arrivato là il cuoco non c’era. Ha mangiato sotto le aspettative, ma ha pagato lo stesso. E’ giusto?



Il cuoco non era ammalato, cosa che può succedere: era solo affaccendato in altre cose, come affaccendati in altro sono quelli che si sottopongono alle regole del set televisivo. Al momento della prenotazione sarebbe stato gentile (e onesto) sentirsi dire: “Guardi che però il cuoco Tal dei tali non ci sarà, vuole venire lo stesso?” Oppure. 
“Non essendoci il cuoco il menu ha uno sconto del 20%”. Bè, se avevo deciso di andare apposta avrei declinato (e molto spesso in certi locali si fa il viaggio apposito); se invece ero da quelle parti, avrei gradito questa simpatica soluzione. E invece, in nome della botte piena e della moglie ubriaca, si mortifica la fonte del proprio successo: il cliente. Che una volta, ma una volta però, aveva sempre ragione.



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