Potrebbe essere una svolta: il dna trovato sul coltello considerato arma del delitto potrebbe non essere di Meredith Kercher, la ragazza inglese uccisa a Perugia. Se così fosse, cambierebbe il quadro della situazione come è stata descritta fino ad oggi e che ha portato alla condanna di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. La polizia scientifica infatti, nella forma dei periti genetici forensi nominati dalla Corte d’Assisi d’Appello di Perugia solleva dubbi e si dice non certa che il dna appartenga a Meredith. “Non si può escludere che i risultati ottenuti possano derivare da fenomeni di contaminazione ambientale e/o di contaminazione verificata di repertazione e/o manipolazione” in una qualunque fase della vicenda,  dice la perizia. Accertamenti non attendibili perché non ci sono elementi scientificamente probanti la presenza di presunte cellule di sfaldamento sul reperto. “Vi è stata – si legge ancora nella perizia – una erronea interpretazione del tracciato elettroforetico Strautosonici; vi è stata una erronea interpretazione del tracciato elettroforetico relativo al cromosoma Y”. Raffaele e Amanda sono stati condannati rispettivamente a 25 e 26 anni di reclusione come colpevoli dell’uccisione della ragazza inglese. Si sono sempre proclamati innocenti.



L’altro condannato è Rudy Guede, a cui sono stati dati 16 anni di reclusione con patteggiamenti. Egli ha sempre detto che la persona che vide in casa di Meredith era Sollecito, il quale a sua volta dice di non averlo mai conosciuto. Rudy invece dice che Amanda non era sulla scena del delitto.

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