Bologna, due bambine unite con un solo fegato e un solo cuore. È un nuovo caso di gemelli siamesi, unite attraverso il torace, che ha immediatamente sollevato il problema etico di chi salvare in caso si decida di separarle. Al momento la direzione dell’ospedale Sant’Orsola Malpighi ha deciso di prendere tempo, nella speranza che le loro condizioni non si aggravino. Si cercherà di far prendere loro del peso per renderne più stabili le condizioni. Le bambine hanno adesso venti giorni e pesano complessivamente 3,5 chilogrammi. In caso di un’eventuale infezione, cosa non rara in questi casi, allora si dovrà intervenire immediatamente, costringendo i medici a scegliere quale delle due salvare. Ilsussidiario.net ha parlato in esclusiva con il dottor Gian Battista Parigi, direttore della scuola di specializzazione di chirurgia pediatrica di Pavia, nonché presidente della Commissione europea di Bruxelles di pediatria. A lui abbiamo chiesto in cosa consista esattamente il problema etico sollevato dal caso e che possibilità chirurgiche ci sono davanti a un caso come questo.
Professore, cosa si intende esattamente per Comitato etico e quali sono i suoi compiti?
Tutti gli ospedali, soprattutto quelli più grandi, devono dotarsi di un Comitato etico. Esso ha le sue procedure per le nomine dei membri e il suo compito è quello di farsi carico di vari tipi di decisioni, ad esempio esaminare ogni tipo di protocollo medico sperimentale oppure nuove terapie che dovessero giungere da un Paese straniero. Di un Comitato etico fanno parte religiosi, laici, esponenti della comunità scientifica. Queste persone devono dunque esprimere pareri, a volte vincolanti anche per termine di legge, a volte solo consultivi.
Nel caso di queste gemelline siamesi si pone evidentemente un problema etico.
Certamente, i problemi etici sono molteplici in questo caso. Sono nate con un solo fegato e un solo cuore, il primo problema è: se decido di staccarle, quale delle due lascerò vivere e quale morire?
È possibile pensare a un’operazione chirurgica che permetta, una volta staccate, di innestare un cuore e un fegato nell’altra bambina?
Tutto è possibile, ma si tratta di un intervento a rischio altissimo. Ripeto, chi di dovere deve chiedersi innanzitutto: le separo o le lascio vivere attaccate, in modo da non mettere a rischio la vita di nessuna delle due? Teniamo conto che i casi di gemelli siamesi sono molto diversi tra di loro. La prima coppia conosciuta, la stessa che ha dato il nome di “gemelli siamesi” era unita in modo tale che oggi operarli per separarli sarebbe quasi un intervento di routine, ai tempi invece nessuno osò pensare a una operazione del genere. Separarli lasciando a uno solo il cuore e il fegato e quindi fare un intervento di trapianto nell’altro gemello moltiplica i rischi e la possibilità di morte di entrambi. C’è infatti da tenere conto anche del problema del rigetto post operazione.
Si porrebbe poi nuovamente il problema di una scelta, giusto?
Esattamente, il chirurgo chiamato a tale scelta deve chiedersi: a quale delle due lascio gli organi e a quale faccio il trapianto? Quindi ecco che il problema si pone esattamente come all’inizio. Se clinicamente è possibile operarli lasciando gli organi in un soggetto, il soggetto primo ha la possibilità di vivere del 70% circa, mentre il secondo del 30: a quale dei due decido di farlo? Non tocchiamo poi il problema dei costi, che sono altissimi, incredibilmente alti, per questo tipo di operazione.
Quindi?
C’è in realtà un tipo di possibilità che può favorire una scelta. Non conosco i dettagli del caso in questione, ma se madre natura ha fatto sì che gli organi, il cuore e il fegato, appartengano fisicamente maggiormente a uno dei gemelli piuttosto che all’altro, ecco che proprio madre natura facilita la scelta. Faccio un esempio che può sembrare solo apparentemente fuori luogo. Io lavoro spesso in Africa e sono venuto al corrente di questa usanza, che si pratica in particolare nel Ciad. Quando una madre ha una coppia di gemelli, e intendo normali gemelli, non siamesi, sapendo che non ha il latte necessario per nutrirli entrambi, li tiene – diciamo così – sotto osservazione per circa tre settimane. In questo periodo capisce quale dei due fisicamente è più robusto, quindi prende quello meno dotato, lo porta nei boschi e lo abbandona. La donna sa che deve scegliere: non potrà nutrire e salvare entrambi i gemelli, deve fare una scelta. Il gemello sopravvissuto, per tutto il resto della sua vita, porterà in una mano un bastoncino di legno, a ricordo di quella parte di sé che gli ha garantito la sopravvivenza. Ecco che senza alcun comitato etico, la madre ha compiuto una scelta basata sulla coscienza di una realtà di sopravvivenza.
Un chirurgo può decidere di operare ugualmente, contro il parere del Comitato etico
Si esporrebbe ad un rischio gravissimo. Se l’operazione dovesse andare bene, riceverebbe i complimenti di qualcuno e sarebbe ignorato dalla maggioranza. Se l’operazione invece dovesse andare male, subirebbe conseguenze gravissime, per farla breve sarebbe spellato vivo. Personalmente sono consulente in sette tribunali ospedalieri e oggi i chirurghi vengono incolpati per le cose più banali. Se fossi un chirurgo che vuol operare comunque, anche contro il parere del comitato etico, piuttosto andrei in Inghilterra, dove per i casi di gemelli siamesi hanno un’esperienza maggiore della nostra.