L’inflazione festaiola è uno dei paradossi di questa epoca dove di solito si demanda tutto a una forma, che è sempre uguale: fare andare le mandibole, ritrovarsi come in un branco e trascinarsi fino alla prossima, ravvicinata occasione. Il pericolo era dietro l’angolo: tanti amici, tanti coetanei, ognuno con due mete da festeggiare: i 50 anni e poi l’anniversario di matrimonio (i 25). La prospettiva sarebbe stata passare di festa in festa, emulando salatini, bottiglie più o meno famose e location che avrebbero rimarcato anche differenze di ceto.
Ci è venuta un’idea: perché non fare una festa unica, in tutti i sensi. Abbiamo interpellato i coetanei e ci sono stati in 16. Poi abbiamo invitato gli amici e siamo arrivati a 80. Il luogo? Polesine Parmense, all’Antica Corte Pallavicina dai fratelli Spigaroli. La data: sabato scorso. In una pieve dedicata alla Madonna di Loreto, a due passi dall’Antica Corte dove stagionano i culatelli più buoni d’Italia, s’è celebrata la Messa, col prete delle nostra gioventù, oggi vescovo della Diocesi di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri.
Poi l’abbraccio della Corte con le isole dei fritti della gente del Po, da assaggiare sull’argine e con le verdure dell’orto in pinzimonio (e qui il gusto s’è fatto presente).
Tutto questo prima della visita nelle cantine di stagionatura del culatello e del Parmigiano Reggiano. E la degustazione dei culatelli fino alla stagionatura di 48 mesi è stata memorabile, così come i tortelli ripieni di ricotta preparati dalle rezdore emiliane.



Calata la sera, la corte era addobbata di frutti, dolci, gelati e balle di fieno. Sull’aia si ballava sulle note dei Taylor, il complesso dei nostri anni che s’è rimesso insieme (anche il ballo ed il canto sono inconsce espressioni di gratitudine, che abbiamo dimenticato).
A mezzanotte ci siamo salutati: chi è partito, chi s’è fermato a dormire alla Corte, a Zibello o a Busseto, per ritrovarci il giorno dopo al Cavallino Bianco, la trattoria della famiglia Spigaroli. Ora, posso dire che è stata una festa, ma l’ingrediente principale era uno solo: la bellezza, perseguita fin nei particolari: del pane, del vino, del luogo e della sua storia, perché di una bellezza incontrata c’era da ringraziare, ritrovandosi. L’Antica Corte Pallavicina è stata come l’abbraccio del mondo contadino, che è generoso, tanto da superare quella concezione borghese del consumo, che non ricorda e non lascia tracce nella memoria. Chi c’era tutto questo lo ha percepito: una festa che ha festeggiato prima di tutto… Colui che è tra noi. Per questo ogni particolare cercato deve rimandare in qualche maniera all’espressione del vero.

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